E\’ questa la stima che la 3A (Associazione Adriatica Agrienergie) fa sul potenziale occupazionale degli investimenti in energie rinnovabili realizzabili sul territorio provinciale: almeno 10.000 nuovi posti di lavoro entro il 2015.
La Capitanata, con forte vocazione per la produzione di energia da vento, sole e biomasse, ad oggi, ha acquisito, attraverso un processo di “ colonizzazione sulle rinnovabili ”, quasi nulla di quel potenziale inespresso di occupati e valore aggiunto che potrebbe realizzare.
Questo perché la visione e la logica devono essere diverse: è necessario creare un "sistema produttivo, professionale, formativo e di ricerca", che nel suo complesso, all \’ unisono , sia in grado di favorire gli “investimenti migliori” nelle rinnovabili.
Si tratta, oltre che di dar vita ad impianti per la produzione di energia elettrica e termica, anche di favorire la creazione, in loco, di:- aziende che producano i manufatti: aereogeneratori, piuttosto che pannelli fotovoltaici o digestori anaerobici (duole pensare al fatto che nessuno degli areogeneratori, piuttosto che degli impianti fotovoltaici o agroenergetici presenti in Capitanata, sia stato prodotto localmente, con gli ovvi benefici occupazionali e reddituali che ciò avrebbe comportato);
professionisti vari (progettisti, installatori e manutentori, ecc.), in grado di seguire gli investimenti dalla progettazione in poi;
– scuole, università ed altri enti capaci di generare specializzazioni nel settore;
– banche in grado di supportare i buoni investimenti;
– enti territoriali in grado di alleggerire il peso della burocrazia, ma che contestualmente, sono in grado di far rispettare norme ed “integrazioni paesaggistiche”.
Questa visione “a sistema” risponderebbe all\’esigenza di crescita e di sviluppo di un territorio in grave recessione economica, avviando un interessante ciclo di innovazione-investimentooccupazione, una scintilla per lo sviluppo locale.
Nell\’ambito di questa visione, bisogna valorizzare e favorire, soprattutto, investimenti in grado di promuovere redditi ed occupazione, che restano sul territorio, rispettando l\’ambiente e sfavorendo tutte le ipotesi in cui resta solo disagio ambientale. Gli impianti che meglio rispondono a questa soluzione sono, prevalentemente, quelli di piccole e medie dimensioni, realizzati con investimenti locali e, soprattutto, quelli che prevedono il coinvolgimento degli agricoltori (le cosiddette agroenergie). Di recente, tra l\’altro, un report della società di consulenza Ernst & Young (una delle più autorevoli a livello mondiale) ha precisato come:“le società che per prime capiranno come sta cambiando il mercato ed investiranno in infrastrutture capaci di supportare energia prodotta in maniera decentrata e su piccola scala da eolico, solare e biomassa, saranno quelle che avranno maggiore successo. La diversificazione e la flessibilità saranno i fattori chiave per il successo.”
L\’attestazione di quanto indicato trova conferma nella concretezza dei risultati raggiunti dal paese che più di altri ha investito su questa “Vision”, raggiungendo con anticipo gli obiettivi del protocollo di Kyoto: la Germania.
Se pensiamo al fatto che la Germania ha comunicato, alcuni mesi fa, come il settore "fonti rinnovabili" abbia per addetti e fatturato (oltre 250,000 addetti, alla fine del 2007), superato quello automobilistico (235.000 addetti), ci rendiamo conto quale grande opportunità abbiamo davanti, in termini di valore aggiunto, di occupazione, e di fiducia che la popolazione locale deve recuperare come speranza per se stessa e per le nuove generazioni.
Non per niente, quasi tutti i governi più importanti hanno deciso di porre al primo punto dei "pacchetti anticrisi", come straordinaria leva economica, lo sviluppo del “sistema energetico da fonti rinnovabili”. Si tratta, forse dell\’ultima grande opportunità che ci viene offerta: perderla sarebbe un crimine, in questo difficile momento. Per ultimo, ma non meno importante, questo percorso imprenditoriale contribuisce significativamente a ridurre le emissioni di anidride carbonica ed aiutare l\’Italia nel rispetto degli impegni internazionali presi (Protocollo di Kyoto), senza incorrere nelle sanzioni in cui rischia di incorrere.
Nicola Danza
presidente Associazione Adriatica Agrienergie – 3A

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