Sarà pur vero che lui “la Puglia la gira su e giù da quando questi ragazzi non erano ancora nati”, come ha rinfacciato con stizza Massimo D’Alema a quegli irrispettosi Giovani Democratici, rei di aver evidenziato, con quanta puntualità, la storia del “popolo dei fax” torni sempre a ripetersi, quando di mezzo ci sono i suoi baffi. Altro che discontinuità e rinnovamento della politica.
La segreteria regionale e i delegati del Pd decidono di ricandidare Nichi Vendola alla presidenza della Regione Puglia, e Roma o la Direzione Centrale del partito virano vele e timone da tutt’altra parte. Puntando le sorti di questa regione sul tavolo verde di strategie nazionali, che ne vedono i destini segnati e perennemente messi all’asta dall’astuzia tattica del banditore di turno.
Ma è altrettanto vero che ogni qualvolta la Puglia è stata al centro delle alchimie elettorali di Massimo D’Alema, al suo governo è poi arrivata puntualmente la compagine avversaria. Una sorta di maledizione ancestrale, che la relega da sempre alla preziosa funzione di “pedina di scambio” sulla scacchiera politica nazionale.
Questa volta, però, la sensazione è che la corda sia stata tirata troppo. C’è in giro una più concreta consapevolezza delle proprie potenzialità. La Puglia che va, la Puglia modello, quella in controtendenza e quella ambita, la Puglia moderna, capace di risollevarsi, e quella innovatrice, orgogliosa di un riscatto dolce, sono i riflessi migliori di una Puglia decisamente più matura.
Quelli di un “laboratorio”, che si propone canovaccio innovativo per i futuri progetti sugli assetti politici nazionali. E non viceversa. Che possa essere sponda cruciale per l’auspicato riscatto dell’intero Mezzogiorno. Una Puglia stanca di essere zavorra per equilibri politici più lontani. Che rivendica, invece, la centralità di un confronto politico sulla discontinuità perseguita nel modulo amministrativo, e sulla riaffermazione coerente e prioritaria del presidente in carica. Anziché quello tutto strumentale sulla sola cosiddetta “intesa elettorale”.
La Puglia riassunta, e percepita anche all’esterno, nella personalità del suo presidente Vendola è una “realtà” come l’uccello di Gaber: vogliosa di volare, immaginando bene da che parte vuole andare. Un ponte su un futuro da attori protagonisti. La ricerca di approdi ed incontri lungo i nuovi orizzonti delle generazioni a venire.
La Puglia riproposta da incursori fedeli e affezionati, nelle loro storiche e avvincenti battute di caccia, invece, è di nuovo il mezzo per fini dal sapore bizantino e dalle architetture machiavelliche. Un tacco su cui continuare a far presa, per rendere ancora elegante una gamba non più seducente. Il ritorno ad un catenaccio difensivo, da palla in tribuna, piuttosto che la ricerca di geometrie innovative per segnare più goal dell’avversario.
Chiedere di ritirare la candidatura al presidente Vendola è un preoccupante segno di debolezza della politica. Ha il piglio minaccioso ed autoritario di una sfuggente sintonia con il popolo. E’ come sparare a pallettoni sulle speranze di una Puglia migliore e sulla leggerezza di un aquilone, la cui traiettoria è da tempo seguita dagli occhi ammirati e dai respiri sospesi di un Mezzogiorno, finalmente “rapito” e non soltanto ripetutamente “rapinato”.
di Antonio V. Gelormini