Pier Ferdinando Casini è nei guai. Ha tirato troppo la corda e forse l’ha spezzata. Fa buon viso a cattivo gioco e incassa con sufficienza l’addio all’Udc di Carlo Giovanardi, Bruno Tabacci e Mario Baccini. Prova a rincuorarsi con l’arrivo di Ferdinando Adornato e Angelo Sanza, ma diciamoci la verità: i voti di Adornato e company, checché ne dica Silvio Berlusconi, si contano sulle dita di poche mani, rispetto al peso che avevano Tabacci, Giovanardi o Baccini.
 
E come se non bastasse, il gatto e la volpe della Casa delle Libertà, appena lo hanno visto in difficoltà, inclementi gli hanno rifilato la “vigliaccata” della lista unica, mettendolo in pratica di fronte al fatto compiuto. Prendere o lasciare. Anzi, “meglio se lasci e corri anche tu solo” dicevano in effetti le lusinghe di Gianfranco Fini e del Cavaliere, nel dirsi pronti ad accogliere l’Udc nel neo-costituito Popolo delle libertà.
 
La cosa ha allarmato anche le alte sfere del Vicariato romano, timoroso che la piega degli eventi possa tradursi in un’irrilevanza della presenza dei cattolici in politica. Le diplomazie si sono messe subito al lavoro ed è stato confortante ricevere solidarietà e consolazione direttamente dal cardinale Camillo Ruini. Ma guardandosi attorno e vedendosi rimasto con Cuffaro, Buttiglione, Cesa e Pionati, non deve essergli sembrata una prospettiva molto esaltante.
 
Adesso gli si presenta il bivio. Calare le piume e rientrare nei ranghi berlusconiani da comprimario o prestare attenzione alle disponibilità di Savino Pezzotta e della Rosa Bianca, che stenderebbero tappeti, magari non rossi, ad un suo arrivo e ad un eventuale programma comune su famiglia, lavoro e Mezzogiorno.
 
In entrambi i casi una performance poco brillante del leader. Perché i suoi plenipotenziari lo avevano già anticipato in entrambe le direzioni. D’altro canto rimanere sul trespolo, mentre tutti decidono e si danno da fare, sarebbe ancora peggio. Rimanere a guardare i moderati che si uniscono e accontentarsi di un malinconico e beffardo: “L’avevo detto”.
 
di Antonio V. Gelormini

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