L’Italia intera e magari la stessa Europa avevano da tempo puntato gli occhi sulla Puglia. Occhi animati da un miscuglio di sorpresa, aspettativa e speranza, che in una sorta di rispettoso rapimento, guardavano al fenomeno pugliese con ammirazione. Percependovi un modello potenziale di riscatto e di verifica per l’affermazione del “cambiamento possibile”. In pratica, la declinazione mediterranea di quell’avvincente e innovativa frontiera, delineata oltreoceano dall’audacia e dall’orgoglio della presidenza Obama.
 
La cornice di ciascuno dei comizi elettorali di Nichi Vendola e il coinvolgimento spontaneo di volontari, simpatizzanti e sostenitori della sua ri-candidatura, alla presidenza della Regione, hanno testimoniato una mobilitazione diffusa davvero impressionante. Finanche il rosso imperante dei cartelli e degli slogan, nell’atmosfera da convention americane, rendeva più vivace e decisamente meno rancoroso l’entusiasmo di un popolo finalmente ritrovato.
 
L’affermazione di Vendola, per i termini assoluti fatti registrare, ma soprattutto per la portata politica del risultato e delle condizioni in cui esso è maturato, è destinata a non rimanere  nei confini levantini del Tacco dello Stivale. Ma ad avere un impatto, peraltro prevedibile, sul più grande scenario italiano. Massimo D’Alema e Pierferdinando Casini ci avevano provato ad evitarlo, ma hanno dovuto fare “buon viso a cattivo gioco” e adeguarsi a una realtà locale improvvisamente più dinamica e consapevolmente più intraprendente.
 
L’astensionismo significativo  in una tornata elettorale che prevede ancora il voto di preferenza, sconfigge nei fatti le alchimie proporzionaliste, ispiratrici delle alleanze elettorali con l’Udc, a favore di una logica maggioritaria che sembra, invece, far presa più incisiva sull’elettorato in generale. Il “racconto” di Puglia, pertanto, si fa codice decifrante per il centrosinistra e per il suo futuro. In particolare per la sua crisi, da tempo imponente e impotente, nel Nord del Paese.
 
Le primarie lo avevano anticipato. Il passaggio elettorale lo certifica. Nichi Vendola risveglia la Sinistra, dandole vitalità e prospettive sicuramente più moderne. Ma non solo la Sinistra. La familiarità con cui discetta, in sintonia col “popolo ritrovato”, della “connessione sentimentale” di Gramsci, del Samaritano evangelico di Luca e delle lettere di Paolo di Tarso, favorisce incontri ravvicinati, fino ad oggi cercati a fatica solo all’interno del Partito Democratico.
 
Accende tonalità finora sconosciute nella storica e gloriosa immagine di Pellizza da Volpedo. Invita i protagonisti a sorridere e ad essere più assertivi. Nella veste di leader potenziale del futuro centrosinistra indica una prospettiva che, alla luce anche della performance di Adriana Poli Bortone, ribalta le analisi e i disegni strategici della coppia D’Alema-Casini. Immaginando di poter ritrovare, nel comune cammino riformista, la stessa Udc a seguito di una chiara, convinta e praticata scelta di “discontinuità”.
 
Il laboratorio pugliese, quindi, ora diventa cantiere nazionale per l’intero centrosinistra. Il sole dell’utopia si direbbe volga al tramonto. Se, come recitava il fortunato slogan del presidente riconfermato: “La poesia è nei fatti”, l’alba in Puglia annuncia il tempo della concretezza degli ideali. E Nichi Vendola se ne fa interprete, sintetizzando nella suggestione di un impegno la pietra d’angolo dell’intero programma di un centrosinistra da riscattare: “Trasformare l’aridità egoistica di un sostantivo nella fertilità virtuosa di un verbo”. Perché il potere è potere!
 
di Antonio V. Gelormini

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