Immaginare un nuovo futuro, un’industria della moda orientata alla sostenibilità e preparata ad affrontare le sfide che la fase post emergenziale porta con sé. Sono queste le priorità per il mondo del fashion, in bilico tra la necessità di ripartire e quella di garantire la sicurezza di consumatori e lavoratori. Organizzarsi tempestivamente è fondamentale per tentare di contrastare le ingenti perdite che minacciano il comparto: secondo una ricerca elaborata da McKinsey & Company, infatti, a livello globale le entrate del mondo della moda registreranno una contrazione del 27-30% rispetto al 2019. Due domande in particolar agitano il settore: da un lato come disinfettare capi e camerini dopo ogni prova, dall’altra come comportarsi con le grandi quantità di merci accumulate nei magazzini in questo periodo, una delle maggiori preoccupazioni per il settore secondo Fashion United. La possibile risposta a questi interrogativi è il fashion renting, un trend nato oltreoceano, ma che da qualche tempo a questa parte è sempre più diffuso anche in Italia. Grazie al noleggio, infatti, è possibile ricevere capi sicuri e disinfettati direttamente a casa, evitando le code dei negozi che si vedranno costretti a contingentare l’afflusso dei clienti per tutelarne la salute. “In questo momento il fashion renting permette di soddisfare il proprio bisogno di indossare nuovi abiti in totale sicurezza. Dopo lunghe settimane trascorse in casa, tutte abbiamo voglia di togliere la tuta e optare per un bel vestito in grado di farci stare meglio e aiutarci a tornare alla normalità – spiega Caterina Maestro, fondatrice della startup di fashion renting DressYouCan – Per tante, però, l’idea di entrare in un negozio e provarsi abiti in camerino può essere poco allettante, ecco perché scegliere un capo online e riceverlo a casa, con la garanzia che sia stato sottoposto a lavaggi specializzati, rappresenta un’ottima soluzione. Inoltre, il noleggio può essere visto come un modo per invertire la rotta: la moda si trova ad affrontare una crisi senza precedenti e, come evidenziato anche da grandi stilisti, questa situazione deve essere colta come un’opportunità per rendere il settore più sostenibile, rimediando a un decennio nel quale il fast fashion ha regnato sovrano. Il fashion renting può rivelarsi un’ancora di salvezza anche per i brand e contribuire a un futuro più verde, fatto di capi in grado di durare nel tempo e di guardaroba infiniti e condivisi”.

A certificare la sicurezza del fashion renting è il fatto che ogni capo viene inviato a tintorie specializzate prima di ogni spedizione, garantendone così la non contaminazione da germi, virus e batteri. Non si può dire lo stesso, invece, per gli acquisti fatti in qualsiasi e-commerce per i quali non si ha la certezza che il vestito acquistato provenga direttamente dal magazzino asettico e non sia stato precedentemente provato e reso da altri clienti. Noleggiando, quindi, si avrà la possibilità di indossare sempre capi accuratamente lavati, senza la preoccupazione di dover dedicare il proprio tempo a lavatrice e ferro da stiro. Ma non solo per i clienti, il fashion renting rappresenta una valida alternativa anche per i brand, che potranno vendere i capi della collezione estiva 2020 ai fashion renter, un modo per non cedere a politiche di sconto eccessive o, addirittura, alla distruzione di interi stock. Gran parte di questi abiti, infatti, è rimasta nei magazzini senza poter arrivare sulle vetrine in Italia e in gran parte del mondo a causa del lockdown, ed è così che oggi i brand si trovano a fare i conti con enormi quantità di capi invenduti. Il pericolo, secondo il report The Business of Fashion, Coronavirus update è quello di abbandonarsi a una corsa al ribasso dei prezzi, una logica particolarmente pericolosa per il segmento del lusso poiché si scontra con la necessità di preservare la propria immagine. La scelta di optare per il noleggio può permettere ai brand di mantenere invariato il valore dei capi e di farli arrivare comunque ad un ampio mercato. Infine, scegliere il noleggio significa fare una scelta consapevole, contribuendo a salvare un Pianeta messo a dura prova dallo spreco di materiale tessile e dall’inquinamento prodotto da questa industria: basti pensare che il 35% delle microplastiche presenti nell’oceano arrivano dalle fibre sintetiche di vestiti abbandonati come spiega The Guardian. Secondo la prof.ssa Maura Franchi, docente di Sociologia dei Consumi all’Università di Parma: “Il costo degli abiti sarà più importante in relazione al generale impoverimento previsto, ma emergerà soprattutto una diversa domanda di abbigliamento che risponderà più al confort che al desiderio di ostentazione di marche o abiti. La prima preoccupazione sarà quella economica, la seconda riguarderà la sicurezza. Per questo nel clima attuale non desideriamo andare per negozi a provare vestiti che per definizione possono essere stati indossati da molte persone”. Sul ritorno nei punti vendita interviene anche la prof.ssa Chiara Mauri, SDA Fellow di Marketing and Sales presso la SDA Bocconi School of Management: “L’e-commerce, già in ascesa del 19% medio annuo in Italia dal 2015 al 2020, ha fatto un ulteriore balzo in avanti. In una situazione di vendite al dettaglio tendenzialmente stabili (+1,1% medio annuo negli stessi anni), i negozi fisici stavano già perdendo terreno. Ora potrebbero perderne in misura persino superiore. Le persone avranno più timore, quindi il ritorno alla normalità richiederà molto tempo, secondo alcuni non meno di 6 mesi. Potrebbe essere che i negozi di abbigliamento, costretti dai maggiori costi di sanificazione e dai minori ricavi per il minor numero di visitatori (contingentati dal rispetto delle distanze), riducano le ore di apertura e anche il personale”.

 

Ecco i 5 motivi per i quali il fashion renting può essere la soluzione per il post Coronavirus:

  1. Il lavaggio in tintorie specializzate certifica la sicurezza dei capi noleggiati
  2. Libera dalla preoccupazione di lavare e disinfettare i vestiti a casa
  3. Consente di ridurre le spese, garantendo prezzi contenuti
  4. Contribuisce a far sì che il futuro della moda sia più green
  5. Permette ai brand, tanto a quelli affermati quando a quelli emergenti, di dare nuova vita ai capi invenduti della collezione primavera/estate 2020