Il sistema fieristico italiano e quello europeo escono lentamente e con affanno dai 18 mesi di crisi globale a cavallo tra il 2008 e il 2009 e devono essere pronti ad affrontare un mercato completamente trasformato rispetto a due anni fa.

E’ quanto emerge dal convegno “La situazione delle Fiere tra crisi e sviluppo: raffronti internazionali“, organizzato da Aefi (Associazione Esposizioni e Fiere Italiane) in collaborazione con Sole 24 ORE, tenutosi a Milano lo scorso 21 settembre.
Rispetto a fine 2008 – ha spiegato Raffaele Cercola, presidente di Aefi, illustrando i risultati della ricerca sul sistema fieristico realizzata con l’Università di Napoli – la percezione della durata della crisi è sensibilmente peggiorata”. Allora più del 60% degli intervistati riteneva che la crisi non sarebbe andata oltre il 2010. Oggi i due terzi ritengono che la ripresa non si manifesterà prima del 2012. E il 20% ritiene che si andrà oltre il 2013. “Queste aspettative tuttavia non riflettono il miglioramento della prima parte del 2010” ha precisato Cercola.
L’indagine evidenzia il rafforzamento di tre tendenze: l’internazionalizzazione degli organizzatori (80% degli intervistati), la riduzione del valore degli spazi fieristici (69%) e la diffusione di nuovi mezzi di comunicazione (67%).
Non sembra invece destinato a ridursi il numero delle fiere, nonostante l’eccesso di offerta in Italia messo in evidenza anche da René Kamm, presidente dell’associazione di settore europea (Emeca), che ha suggerito le linee strategiche lungo le quali l’Italia, ma anche gi altri paesi europei, dovrebbero costruire il futuro del comparto fieristico: “un maggiore orientamento al settore privato; maggiori investimenti in prodotti e risorse umane; internazionalizzazione non con i sussidi pubblici ma con un’offerta specializzata per settori; offerta di servizi più ampia; integrazioni e fusioni con l’obiettivo di ampliare il portafoglio prodotti e la copertura geografica”.
Le fiere sono uno dei principali se non il principale strumento di promozione per il 75% delle imprese industriali e per l’88,5 % delle PMI, in grado di generare affari per 60 miliardi di euro, da cui ha origine il 10% dell’export nazionale. Il mercato fieristico italiano si conferma al secondo posto a livello europeo dopo la Germania e prima di Francia e Spagna, ma si trova ad un punto di svolta.

E in questo contesto rientra anche il dibattito sul tavolo di coordinamento delle fiere, appena lanciato dal viceministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso. Un tavolo che fa seguito alla  frammentazione successiva alla riforma del 2001 che trasferì alle Regioni le competenze sulle fiere, e che nelle intenzioni del Governo dovrebbe “indirizzare le fiere verso una maggiore specializzazione e settorialità, scegliendo insieme i paesi su cui puntare per far crescere il made in Italy nel mondo e attrarre sempre più compratori in Italia”.

L’iniziativa di Urso è stata commentata con preoccupazione dal presidente di Rimini Fiera Lorenzo Cagnoni, che si è detto non disponibile ad una programmazione concordata delle mostre in contrasto con la libera iniziativa dei centri espositivi.

Cauto anche il presidente di Fiera Milano Michele Perini, che vede un’utilità del tavolo per il coordinamento di iniziative all’estero, senza interferire però con il libero mercato e senza dimenticare l’esigenza di portare operatori esteri alle manifestazioni in Italia.

(da Fieramilanonews.it)

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