Gestione irrazionale, completa assenza di programmazione, criteri discriminatori di accesso alle strutture e ai diritti. Sono questi i tratti caratteristici del sistema dell’accoglienza italiano, non il collasso delle strutture come viene raccontato: i posti liberi nei centri nel 2021 (al 31 dicembre) erano 20.235. Un dato che diventa sconcertante se si osserva la serie storica: i posti lasciati liberi nei centri sono il 20% del totale tra il 2018 e il 2021 (nel 2019 addirittura i posti vacanti raggiungono il 27% del totale). A conferma della mancanza di emergenza causata da numeri troppo alti di arrivi c’è il caso della Puglia, i cui posti disponibili nei CAS, Hotspot, SAI sono sempre stati altissimi e al di sopra della media nazionale: nel 2018 risultavano vuoti il 31% dei posti, nel 2019 addirittura si sale al 44%, nel 2020 si è al 33% e al 31 dicembre 2021 si registra una quota del 28%. Sui 5751 posti stabiliti e disponibili per il sistema pugliese ne risultavano infatti liberi 1636 a fine anno.  

 

Cifre che diventano ancora più alte se guardiamo al SAI, il sistema dei centri di competenza pubblica e in capo ai Comuni per rifugiati e richiedenti asilo che dovrebbero assolvere all’accoglienza ordinaria finalizzata all’integrazione. Nel 2018 invece erano il 45% i posti vuoti, nel 2019 si tocca il picco con il 52%, nel 2020 si scende al 32% e nel 2021 si risale al 34% nel solo sistema SAI. A dimostrazione di quanto fosse possibile con una corretta pianificazione e gestione decongestionare i centri più affollati verso regioni e centri spesso lasciati vuoti.  

 

La città di Bari segue la tendenza della Regione, restando molto al di sopra del dato nazionale per posti liberi dal 2018 a oggi: degli 878 posti totali del 2018 erano liberi 444, cioè il 41%; nel 2019 erano vuoti il 40%, nel 2020 il 25%, nel 2021 si scende al 23%. Proprio i SAI anche a Bari risultano i centri con i posti vuoti più elevati: nel 2018 era il 51%, nel 2019 il 64%, nel 2020 il 39% e nel 2021 sono stati il 30% sul totale dei posti disponibili nel sistema di accoglienza in capo ai comuni  

Anche la Sicilia, definita negli ultimi mesi dal Governo Meloni come “campo profughi d’Europa” ha la stessa situazione: al 31 dicembre 2021 il 30,5% di posti erano lasciati liberi nell’intero sistema regionale (CAS, Hotspot, SAI).  

 

Con un leggero aumento degli arrivi di persone migranti nel nostro paese – nel 2022 sono sbarcate in Italia 105mila persone migranti, una cifra in crescita, ben lontana però da quella rilevante del 2016 che fu esattamente il doppio – nell’ultimo anno è tornata la retorica del sistema al collasso, mentre l’accoglienza ordinaria resta un’illusione. Ancora una volta ActionAid e openpolis anticipano il Ministero dell’Interno e pubblicano una fotografia dettagliata di dati sul sistema di accoglienza per l’anno 2021. Un lavoro di analisi e trasparenza, Comune per Comune e centro per centro, fatto a partire dai dati forniti dallo stesso Viminale e resi disponibili in formato aperto a tutti sulla piattaforma Centri d’Italia. La relazione annuale al Parlamento con i dati relativi al 2021, infatti, che il Ministero è tenuto per legge a presentare a giugno di ogni anno come aggiornamento sullo stato del sistema, è già in ritardo di oltre 8 mesi.  

 

Per la prima volta ActionAid e openpolis presentano i dati sulle ispezioni nei CAS e CPA effettuate dalle prefetture sugli enti. Grazie alla vittoria ottenuta al Consiglio di Stato che ha obbligato il Viminale al rilascio dei dati abbiamo ottenuto quelli relativi al solo 2019. Il Ministero dell’Interno, nonostante la sentenza a noi favorevole, ci ha fornito dati parziali e inutilizzabili relativamente al biennio 2020-21, continuando ancora una volta a dare dimostrazione di poca trasparenza. Nel 2019 le prefetture hanno effettuato controlli sul 40,5% dei CAS e CPA in Italia. Significativo che tra le 13 prefetture che non hanno effettuato ispezioni ci siano proprio quella di Agrigento (sotto la cui giurisdizione ricade l’hotspot di Lampedusa) e Trapani. Le sanzioni economiche a seguito dei controlli ispettivi (penali o pagamenti non corrisposti) ammontano a un totale di 493mila euro. 

 

È la mancanza di trasparenza a favorire la lettura distorta della realtà riportando di nuovo sotto i riflettori la riproposizione di norme contenute nel Decreto Sicurezza I, nonostante il fallimento di quelle politiche. Gli effetti del Decreto Sicurezza hanno prodotto una continua crescita dell’approccio emergenziale in risposta a un fenomeno del tutto ordinario e di piccole dimensioni rispetto alla popolazione italiana (0,13% sul totale). Nel 2021 erano attive 8.699 strutture. Dal 2018 a oggi sono stati chiusi più di 3mila 500 centri (-29,1%). Sempre nel 2021, i posti messi a disposizione nel sistema erano poco più di 97mila, di cui però il 60,9% nei centri di accoglienza straordinaria (Cas). Sono quasi 63mila i posti nei Cas e nei centri di prima accoglienza, a fronte di 34mila posti nel sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Questo evidenzia dunque, la scelta di puntare sulla continua emergenza e mai, come vorrebbe la legge, sui percorsi di vera integrazione. A questo si aggiunge che su un totale di 65.700 posti persi in centri straordinari, le strutture con meno di 20 posti letto sono quelle che hanno perso più posti tra il 2018 e il 2021: quasi 24.000 posti persi nei Cas di piccole dimensioni. Segno di un mancato investimento nell’accoglienza diffusa e della scelta deliberata di continuare a mantenere grandi concentrazioni di persone con servizi scarsi o addirittura assenti (corsi di italiano, tutela e mediazione linguistica, supporto alla ricerca di lavoro). 

 

“Il sistema dell’accoglienza oggi appare in una situazione allarmante. È evidente che l’assenza di pianificazione provoca una emergenza reale, mentre si grida a un’invasione che non c’è e al sistema al collasso, senza accennare alle responsabilità, addossando anche gli esiti di scelte sbagliate dell’amministrazione sulle spalle delle persone migranti. La condizione del sistema di accoglienza si aggrava negli anni del Decreto Sicurezza, proprio quell’impianto normativo che anche i dati mostrano fallimentare e che ora si sta cercando di ripristinare in Parlamento con il Decreto varato in occasione della strage di Cutro e ora in conversione, con emendamenti addirittura peggiorativi” dichiara Fabrizio Coresi, esperto Migrazioni ActionAid. 

 

ActionAid e openpolis chiedono ai parlamentari di utilizzare le rilevazioni di questo report, basate su dati amministrativi oggettivi forniti dal ministero dell’interno e contenuti sulla piattaforma Centri d’Italia, per esercitare il ruolo di controllo ed indirizzo politico che gli è proprio, per chiedere trasparenza e informazione. Per avere risposte sul perché si parla di un sistema al collasso, con una quota considerevole di posti ordinariamente liberi e migliaia di persone lasciate in strada, sulla mancanza di programmazione che affligge il sistema da anni, su come vengono impiegate le risorse pubbliche e con quali effetti sulle vite di persone portatrici di diritti.