Se ogni giorno che passa le tonalità di rosa nella politica non solo internazionale, ma finalmente anche in quella di casa nostra, si fanno sempre più frequenti, non accade altrettanto nel mondo dell’impresa, dove il blu delle tute o quello dei doppiopetto impera sovrano e, al di là di qualche esempio apprezzato, di rosa ci sono solo le pagine del quotidiano economico di Confindustria.
 
Un tempo lo spazio nel management aziendale riservato alle donne, in particolare a quelle più appariscenti o di stretta parentela della proprietà, era limitato all’affascinante mondo delle Pubbliche Relazioni e a quello della Comunicazione. Ma solo perché ritenuti settori di importanza relativa, dove una chioma bionda, una gamba più lunga o uno sguardo ammaliante rimanevano i canoni di valutazione, per un percorso di carriera funzionale all’occhio morboso o allo sguardo benevolo del “principale” di turno.
 
Da quando Media e Rapporti con l’esterno sono diventati campi minati, soprattutto per le società quotate in Borsa, la cruna dell’ago per la donna in azienda si è ulteriormente ristretta e la spinta verso contesti a forte tasso di “indici di gradimento” è diventata più incisiva.
 
E’ opinione diffusa che la donna sia più portata ad occuparsi del sociale, che abbia doti di capacità amministrativa, che abbia un approccio più naturale verso il “problem solving” e che sia generalmente in possesso di una maggiore carica di determinazione, rispetto al cosiddetto sesso forte. Nonostante tutto questo, nel variegato mondo dell’imprenditoria nazionale, dalla finanza all’industria, dall’assicurativo all’energetico, e finanche dal turismo alla moda, i nomi che tornano restano limitati a quelli di Bracco, Artoni, Marcegaglia, oggi Brambilla, e pochi altri. Quando non si tratti di figure femminili aventi in dote un cognome imprenditoriale, piuttosto che qualità spiccatamente manageriali, per riuscire a brillare di luce propria.
 
Prima o poi forse bisognerà trovare la forza e il coraggio, che qualcuno è riuscito ad avere nel varare la normativa del percorso di costruzione del Partito Democratico. Dove l’alternanza dei generi nella cariche e, in particolare, il 50% di presenza femminile è stata imposta per regolamento (lo hanno già fatto in Norvegia). Un meccanismo suscettibile di correzioni necessarie, per non essere riuscito a garantire gli equilibri anche nell’elezione dei Segretari Regionali. Ma certamente lodevole, per aver portato nelle Costituenti un numero di donne mai registrato prima nella storia, per eventi simili.
 
Luca Cordero di Montezemolo, nella sua triplice funzione presidenziale di Fiat, Ferrari e Confindustria ha di fronte a sé vaste praterie dove, tra tante innovazioni, poter dare l’input per favorire anche quella di un maggiore coinvolgimento della risorsa femminile. Certo, però, che se nel frattempo il pensiero corre a Margherita Agnelli, c’è davvero da farsi venire la pelle d’oca.
 
 

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