\"\"Una retata contro le organizzazioni mafiose portava all’arresto di 38 componenti di un giro di spaccio nella zona di San Severo; ma prima che i “giustizialisti” vedessero sorgere il sole su una Capitanata che credevano libera dalle mafie cadeva morto ammazzato un pregiudicato a Sannicandro Garganico, soltanto qualche ora dopo e pochi chilometri più in là, presumibilmente per mafia. E dopo ancora un altro a San Severo.
Possibile che nessuno capisca? Possibile che nessuno abbia capito?
 
Oggi la Capitanata, eccetto per altre vite rovinate in silenzio ogni giorno dalle mafie, è perfettamente uguale a ieri, perfettamente succube delle mafie come lo era ieri e noi siamo qui a chiederci quanto viene fatto nella nostra provincia per combattere davvero le mafie, siamo qui perché non riusciamo a rassegnarci ad una terra senza orgoglio né dignità, non riusciamo a rassegnarci e non vogliamo rassegnarci ad una terra che ammazza ogni giorno i suoi figli.
 
Circa un mese fa un ragazzo di Mattinata moriva per la faida legata ad una gestione dei parcheggi; un ragazzo moriva per l’unica colpa di essere nato in un posto dove lo Stato e l’alternativa allo strapotere delle cosche sono i veri latitanti.
 
Circa un anno e mezzo fa Giorgio Palazzo moriva ammazzato per un pacco bomba che doveva “vendicare” una questione di famiglia e “salvare l’orgoglio” di qualche “gentiluomo” che credeva di farsi giustizia da sé , un ragazzo moriva per l’unica colpa di essersi trovato nel “posto sbagliato”.
 
Circa tre anni fa moriva Giusy Potenza in circostanze e ambienti quasi certamente legati alla prostituzione minorile, una ragazza ammazzata, solo una ragazza ammazzata in più, una tra quei ragazzi di una gioventù schiavizzata e ammazzata da quel substrato culturale che porta a risolvere i conflitti con le armi e la violenza, che porta a non denunciare racket, appalti truccati, spaccio, prostituzione, voto di scambio e abusivismo; da quel degrado sociale che rende schiavi noi e la nostra terra delle organizzazioni malavitose che le succhiano costantemente linfa vitale e possibilità di sviluppo.
 
Citiamo morti per mafia di questa terra perché per noi la memoria è soprattutto impegno, nella speranza di costruire un società e un futuro migliore, fatto di giustizia e legalità contro tutte le mafie. Qual è la strada ? Cosa possiamo fare?
 
Certamente la strada non è quella del giorno dopo, perché vogliamo combattere la mafia anche quando uccide in silenzio intere comunità con il suo opprimente controllo e non solo quando, con eclatante rumore, torna tristemente a bagnare la nostra terra con sangue giovane, a dimostrare, come se ce ne fosse il bisogno, che la malavita, le mafie, qui esercitano il loro potere senza che una coscienza civile riesca ad ergersi per contrastarle.
 
Non vogliamo tacere, vogliamo parlare, anzi vogliamo gridare a pieni polmoni che mai più un essere umano deve morire, che un ragazzo non può finire ucciso, un ragazzo che non aveva ancora avuto il tempo di affacciarsi pienamente alla vita e che ora, per colpa di qualcosa, di qualcuno o più probabilmente di qualche interesse economico, non potrà mai farlo: non può essere la normalità, non deve essere la normalità.
 
Ma ancora una volta un assordante silenzio si leva dalla società civile ed ancora una volta le istituzioni cambiano il fianco su cui dormono beate come se i giovani spacciatori del traffico di coca ed ecstasy delle discoteche e delle feste in spiaggia non contino nulla, come se i ragazzi che lavorano in nero nei locali e nei punti vendita comprati con i soldi riciclati dalla mafia non esistessero, come se ogni mattina nelle piazze non si radunassero migliaia di braccianti e i loro caporali. La risposta a questo male che ogni giorno porta via un pezzo di futuro alle nostre città è in una durissima battaglia culturale senza quartiere contro ogni tipo di organizzazione e/o logica mafiosa.
 
Quando un ragazzo vede negarsi i suoi diritti tra i banchi di scuola, quando un ragazzo è solo a dover far fronte alle discriminazioni, all’esclusione, all’emarginazione e alla violenza di un ordinario giorno di scuola, quando un ragazzo è convinto che non si possa stare insieme senza sopraffarsi, quando un ragazzo vede negarsi la possibilità di comprare un cd musicale, un libro o un dvd perché costano troppo e magari comprarli significa dover affrontare un oneroso e quasi impossibile viaggio fuori dal suo “paesino”, quando un ragazzo è lasciato solo con la sua scuola che gli cade addosso, quando un ragazzo deve rinunciare a frequentare una scuola perché i trasporti sono scomodi e costano troppo, quando un ragazzo non ha un luogo dove incontrarsi con i suoi coetanei che sia lontano dallo spaccio, quando un ragazzo non ha spazi per liberare la sua creatività, quando un ragazzo non ha mezzi per esprimersi e partecipare alla vita della sua comunità (che secondo Alexis De Tocqueville è il fondamento dell’essere e sentirsi cittadini in uno stato democratico), quando un ragazzo per studiare deve lasciare la sua terra d’origine, quando un ragazzo per lavorare deve “chiedere un favore”, quando un ragazzo è meno di nulla e deve avere paura di essere ammazzato per sbaglio o perché dava fastidio come potete pretendere che non viva la sua terra come una prigione senza confini o passi dalla parte del più forte? Come potete pretendere che non fugga o viva nel vittimismo passivo di chi china la testa?
 
Noi studenti di Capitanata vogliamo cambiare la nostra terra, vogliamo portare esperti nelle scuole per parlare liberamente di lotta alle mafie e promuovere la partecipazione degli studenti ai campi di lavoro estivi di “Libera”, vogliamo una carta di cittadinanza studentesca che agevoli l’accesso ai saper “altri” che servono a completare la persona e ad aprirla a nuovi orizzonti e nuove mentalità, vogliamo un sistema di centri servizi studenteschi e centri di aggregazione giovanile ,partecipati e non calati dall’alto in modo clientelare, in cui i ragazzi si incontrino per esprimere la propria creatività e per costruire una nuova socialità dal basso per non sentirsi soli e non lasciare soli gli immigrati stagionali che spesso lavorano a nero e hanno bisogno di assistenza ,vogliamo un sistema di trasporti più economici e con orari più consoni agli studenti pendolari e ai ragazzi che sempre di più diventano “pendolari della conoscenza”, vogliamo un piano di finanziamenti straordinario per l’edilizia scolastica, vogliamo un piano di stabilizzazione di quei precari della conoscenza che ,oltre al proprio malessere, portano con sé una enorme instabilità didattica, vogliamo aule autogestite e scuole aperte al pomeriggio per combattere la dispersione scolastica diretta e indiretta ,vogliamo un piano di ottimizzazione delle borse di studio e dei buoni libro , vogliamo un anagrafe dei percorsi scolastici che segua i casi di disagio, esclusione ed emarginazione e vogliamo una regge regionale per il diritto allo studio.
 
Questa è la nostra battaglia culturale, questa è la battaglia culturale di chi non vuole rendersi complice. Noi studenti di Capitanata dichiariamo guerra aperta alle mafie e saremo presto di fronte alle istituzioni e alla società civile per chiedere loro di unirsi a noi attraverso i nostri progetti in questa battagli di civiltà e cittadinanza attiva.
 
Vogliamo cambiare la Capitanata, lo vogliamo ora .
 
Noi non siamo disposti ad aspettare di essere il futuro retorico che non arriva mai, vogliamo essere il presente , se necessario saremo in piazza per chiedere una possibilità per noi e la nostra terra. Chiunque giri le spalle facendo finta di nulla, dicendo che siano cose che succedono, chiunque finga di pensare che nulla possa essere cambiato, chiunque si rifugia nella paura e nell’omertà si deve sentire complice armatore di quella mano assassina che ogni giorno stronca e rovina delle vite, spesso così giovani.
Unione degli Studenti – Foggia

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