\"\"A Lisbona, durante la riunione informale dei ministri europei della Giustizia e dell’Interno, Clemente Mastella non ha perso occasione per esibirsi nella sua performance più rodata, quella della lamentela. Questa volta nel mirino la presidenza portoghese di turno, rea di aver deciso che al pranzo di lavoro le lingue tradotte sarebbero state solo inglese, portoghese, francese, tedesco e sloveno. Non padroneggiandone nessuna di queste, l’imbarazzo del ministro italiano era evidente e si chiesto il perché della mancanza dell’italiano. Cosa non rilevata, al contrario, dal ministro Amato, che qualche lingua straniera, invece, la mastica abbastanza bene.
 
Verrebbe da ricordare che l’Impero Romano è tramontato da un bel pezzo e sarebbe ora che ci convincessimo della necessità di adeguarci noi al mondo e non viceversa. Forse il solo confronto tra quanti milioni di persone su questo pianeta parlano l’italiano e quanti, invece, l’inglese, lo spagnolo, il francese, il tedesco e il portoghese, per non dire del cinese, potrebbe bastare per una sana riflessione.
 
Oggi, fare il ministro, ma non solo, e non conoscere le lingue è da inadeguati. Prima ne saremo consapevoli e meglio sarà. Il provincialismo di Ceppaloni non può trovare cittadinanza in Europa, tanto meno oltreoceano. Chapeau al ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, che in vista del prestigioso incarico, e con ben altro orgoglio meridionale, si è ben guardato dal lamentarsi di chi all’estero non parla italiano, ma per due anni si è messo a studiare l’inglese.
 
La pacca sulla spalla e il riferimento maccheronico “alla mamma, alla pizza e agli spaghetti” non fanno altro che accentuare la nostra mancanza di personalità europea. Il wake up dovrebbe essere generale. E pensare che la Turchia, sarà pure a causa della lingua che si ritrova, mentre aspetta da noi, tra gli altri, il permesso per entrare in Europa, ha circa i due terzi della sua popolazione che conosce almeno uno tra francese, tedesco o inglese.
di Antonio V. Gelormini

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