- 1.077.186 immatricolazioni nel mese, 4.459.087 nel 1° quadrimestre (-0,4%)
- Italia ultima dei Major Market per quota ECV: 10,4% (BEV al 4,8% e PHEV al 5,6%)
- In Italia nuovo fondo incentivi da 597,3 milioni per l’acquisto di auto elettriche con i fondi PNRR inutilizzati per le infrastrutture di ricarica: UNRAE critica tempistiche dell’annuncio e modalità
Il mercato dell’auto in Europa segna ad aprile un -0,3% con 1.077.186 immatricolazioni, 3.500 unità in meno rispetto alle 1.080.680 di aprile 2024 (ma -20% sul 2019).
Il primo quadrimestre dell’anno mostra un -0,4% con 4.459.087 unità, rispetto alle 4.475.369 dei primi quattro mesi 2024.
Il mese presenta andamenti molto differenziati tra i cinque Major Market europei: la Spagna vanta la performance migliore con una crescita del 7,1%, seguita a distanza dall’Italia con +2,7%. La Germania resta sostanzialmente stabile (-0,2%), mentre la Francia perde il 5,6% e il Regno Unito subisce calo quasi doppio (-10,4%).
Nel 1° quadrimestre la Spagna conferma il trend positivo con un robusto +12,2%, il Regno Unito segna un +3,1%, mentre l’Italia e la Germania scendono rispettivamente dello 0,6% e del 3,3%. La Francia chiude anch’essa in negativo, con un significativo -7,3%.
In aprile l’Italia sorpassa in seconda posizione il Regno Unito, penalizzato dall’anticipo degli acquisti su marzo, mese del cambio targa, e dall’entrata in vigore dal 1° aprile del supplemento di tassazione sulle auto più costose anche per quelle a zero e basse emissioni. Nel primo quadrimestre l’Italia resta invece in terza posizione.
La transizione verso la mobilità a zero emissioni presenta ancora forti disparità tra i diversi mercati. Anche ad aprile l’Italia si conferma in ultima posizione tra i Major Market per le auto ricaricabili (ECV), con una quota del 10,4% complessivo, con le elettriche pure (BEV) al 4,8% e le ibride plug-in (PHEV) al 5,6%. Il divario dagli altri mercati rimane fortissimo: il Regno Unito tocca il 32,1% con BEV al 20,4% e PHEV all’11,7%, la Germania raggiunge il 28,8% di ECV con BEV al 18,8% e PHEV al 10,0%, la Francia si attesta al 25,3% con BEV al 18,4% e PHEV al 6,9%, la Spagna raggiunge il 16,2% con BEV al 6,9% e PHEV al 9,3%.
Nel totale del mercato europeo le ECV coprono il 26,2% di quota di mercato, con BEV al 17,1% (+3,7 p.p.) e PHEV al 9,1% (+2,2 p.p.).
Stesso scenario anche nel primo quadrimestre: Italia in ultima posizione tra i Major Market, con una quota ECV al 9,6%: BEV al 5,1% e PHEV al 4,5%. Regno Unito al 30,4% con BEV al 20,7% e PHEV al 9,7%, Germania al 27,2% con BEV al 17,5% e PHEV al 9,7%, Francia al 23,5% con BEV al 18,2% e PHEV al 5,3%, Spagna al 14,7% con BEV al 6,9% e PHEV al 7,8%.
Nel totale del mercato europeo, le ECV coprono il 25,2% di quota di mercato, con BEV al 17,0% (+3,8 p.p.) e PHEV all’8,2% (+0,9 p.p.).
Sul fronte normativo, nei giorni scorsi Parlamento e Consiglio Europeo hanno approvato l’emendamento al Regolamento sui target di emissione di CO2, che introduce una maggiore flessibilità consentendo ai Costruttori di rispettare i target nella media del triennio 2025-2027, anziché in ogni singolo anno, con la possibilità di compensare eventuali risultati in eccesso nel primo anno con quelli migliorativi nei due anni successivi. Una misura che UNRAE e tanti altri chiedevano già da tempo e che è arrivata tardivamente, visto che i budget delle aziende sono stati definiti tra fine 2024 e inizio 2025. Questa misura non risulta neppure risolutiva, poiché, secondo i principi contabili internazionali, i Costruttori potrebbero comunque dover effettuare accantonamenti a bilancio se, non avendo raggiunto gli obiettivi nelle singole annualità, non hanno ragionevole certezza di poterli superare in quelle successive: ne conseguirebbe quindi un impatto sui loro conti economici, pur senza esborso diretto.
UNRAE ricorda inoltre che il settore automotive rimane in attesa di sviluppi sui dazi annunciati dalla nuova amministrazione statunitense, la cui entità riporta a scenari degli anni ’30, con gravi incertezze sugli scenari commerciali ed economici globali.
In ambito nazionale, il MASE ha annunciato lo scorso 19 maggio un programma di rinnovo del parco circolante con veicoli a zero emissioni, rivolto alle fasce di reddito più basse, con un fondo di 597,3 milioni di euro finanziato con le risorse inutilizzate del PNRR, destinate in origine alle infrastrutture pubbliche di ricarica elettrica.
“Siamo rimasti un po’ spiazzati dalla notizia degli incentivi, del tutto inattesi e decisi senza alcuna consultazione”, dichiara Andrea Cardinali, Direttore Generale dell’Associazione. “Soprattutto – afferma Cardinali – preoccupa il fatto che siano stati annunciati senza essere ancora pienamente definiti. Il rischio, ancora una volta, è quello di una paralisi della domanda. Gli incentivi dovrebbero arrivare come decisioni notturne, non come promesse da rincorrere”.
L’UNRAE si augura quindi che possano essere presto finalizzate e operative le misure indicate, se la proposta del Governo italiano supererà l’esame del Parlamento e della Commissione Europea, e resta a disposizione per qualunque esigenza. Attualmente, tra gli altri Major Market, incentivi per le vetture a zero emissioni sono in vigore in Francia e Spagna.
“Uno stanziamento di quasi 600 milioni in un anno solo sui BEV (M1/N1) sarebbe il più ingente mai visto in Italia, e potrebbe effettivamente smuovere la transizione energetica, ma i paletti sono molti – rottamazione, ISEE, residenza in aree funzionali, microimprese – e un anno è troppo breve: si rischia seriamente di non riuscire a spenderli tutti”, aggiunge Cardinali.
Si tratta peraltro di uno schema difficilmente modificabile, vista la sua presenza nella relazione sulla revisione del PNRR inviata alla Commissione Europea.
“In tale scenario, sarebbe stato forse più opportuno destinare tali risorse alla revisione in chiave “green” della fiscalità delle auto aziendali, intervenendo su detraibilità dell’IVA, deducibilità dei costi e periodo di ammortamento, considerata la scadenza della Delega fiscale fra tre mesi. Le flotte aziendali, con il veloce tasso di rotazione dei veicoli, consentono di immettere sul mercato del nuovo e dell’usato un numero consistente di vetture a zero o bassissime emissioni”, prosegue il Direttore Generale.
“Ma il vero peccato originale di questa misura è purtroppo rappresentato dalla sua stessa genesi: l’incapacità di spendere i fondi per lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica pubbliche, fattore abilitante fondamentale proprio per il diffondersi della mobilità a zero emissioni che si vuole incentivare”, conclude Cardinali.