Osservatorio Amyralia: su 500 dipendenti, il 98% non cambierebbe azienda grazie allo smart working totale 

 

Le aziende che non abbracciano questo cambiamento, rischiano di restare tagliate fuori dal futuro del lavoro

Lo smart working non fa male al profitto e trattiene i dipendenti. Questa è stata la conferma che il Gruppo Allcore ci ha visto giusto fin dall’inizio, quando nel 2016 istituì lo smart working per tutti i dipendenti, sempre. Oggi, dopo sette anni, una quotazione in borsa e 40 milioni di fatturato annuo, i dipendenti sono divenuti 500 con un’età media 33 anni, ma l’organizzazione aziendale ha continuato a crescere e a strutturarsi attorno a questa esigenza dei lavoratori.

 

Amyralia, società del Gruppo Allcore che si occupa di consulenza aziendale, ha condotto una recente indagine interna e ha avuto conferma di quello che il fondatore Gianluca Massini Rosati aveva intuito fin da subito: sta cambiando l’equilibrio tra lavoro e vita privata in tutto il mondo, Europa e Italia comprese e in particolare la Gen Z (che comprende all’incirca i nati dal 1997 al 2012) sta rivoluzionando i paradigmi sui quali per decenni le aziende hanno fondato il lavoro e gli avanzamenti di carriera.

 

Le aziende che non si adeguano a questo cambiamento rischiano di non riuscire ad accedere ai migliori talenti, quelli che sono nati nell’era digitale e masticano intelligenza artificiale a colazione, mentre le organizzazioni arrancano per stare al passo con l’innovazione tecnologica.

I giovani lavoratori, infatti, amano lavorare per obiettivi, apprezzano la flessibilità e ricercano un sano equilibrio tra lavoro e vita privata molto più dei benefit tradizionali, come le auto aziendali o i piani di assistenza sanitaria. Le aziende che abbracciano il lavoro da remoto sono considerate innovative e adattabili e attraggono i migliori talenti della Gen Z.

 

Digitalizzazione dei processi e cambio di paradigma

 

Secondo i dati, le imprese più digitalizzate possono contare su un utile maggiore del 28% rispetto alle altre organizzazioni, con un margine di profitto più elevato del 18% e un EBITDA superiore dell’11%. (Fonte: Osservatorio Innovazione Digitale del Politecnico di Milano)

 

Digitalizzare i processi per adottare lo smart working non si traduce solo in un beneficio che incontra le esigenze delle nuove generazioni di lavoratori e consente di trattenere i talenti, ma rappresenta un vantaggio anche, e soprattutto, per le PMI.

La digitalizzazione consiste nella semplificazione, automatizzazione, ottimizzazione dei processi, i quali devono diventano data-driven.

Questo passaggio è necessario se si vuole introdurre lo smart working come nuovo modello organizzativo di lavoro, e non solo come una mera possibilità di lavorare da casa anziché in ufficio. Da qui derivano anche i cambiamenti dei processi per andare incontro alla richiesta di flessibilità, i quali devono essere ben definiti e strutturati per far sì che le risorse possano lavorare dislocate in tutto il territorio nazionale, e non. Il lavoro non viene più inteso come vincolato ai canonici orari d’ufficio, ma è organizzato in funzione del raggiungimento degli obiettivi e degli output prodotti.

Questo consente ai dipendenti di essere autonomi nell’organizzazione dei propri task e di conciliare meglio il lavoro con la vita privata.

 

Benessere dei dipendenti e risparmio sui costi 

 

La necessità di agire da parte delle aziende viene anche dal fenomeno crescente delle Great resignation, proprio trainato dalle generazioni più giovani.

Nel 2022, il 51% dei giovani tra i 18 e i 34 anni ha lasciato il proprio lavoro per l’assenza del work life balance. Un campanello d’allarme importante per le imprese, se si considera che il 34% dei giovani tra i 25 e i 34 anni ha dichiarato che preferirebbe essere disoccupato piuttosto che infelice sul posto di lavoro.  (Fonte: Ranstad Workmonitor)

Si fa sempre più forte dunque l’esigenza di innovarsi e riorganizzare le imprese in favore di nuove forme di lavoro e di una maggiore flessibilità.

 

Le risorse che usufruiscono di un modello di smart working ottimizzato, presentano uno dei più alti livelli di benessere con il 13% di engagement, a differenza dei lavoratori da remoto (non smart), i quali hanno solamente la possibilità di lavorare al di fuori dell’ufficio senza ulteriori flessibilità, il cui livello di benessere è minore, con l’engagement al 6% (Fonte: Osservatorio smart working)

Come è noto, più è alto il livello di benessere e più i dipendenti sono produttivi, poiché sono due elementi strettamente correlati.

Oltre a giovare di una maggiore produttività, sia l’azienda che i dipendenti possono contare su un notevole risparmio dei costi legato all’elettricità, alla sede fisica e agli spostamenti.

Per i dipendenti, il risparmio si aggira intorno ai 600 euro per la riduzione (o assenza) degli spostamenti tra casa e ufficio. Per le aziende il risparmio è di 500 euro circa all’anno per ogni postazione. Aggiungendo a questo la possibilità di ridurre lo spazio della sede di lavoro del 30%, il risparmio può arrivare a 2500 euro annui per dipendente. (Fonte: Osservatorio smart working)

 

Benefici ambientali e ESG

 

La Generazione Z è quella più attenta e sensibile ai temi della sostenibilità, valore che ricerca anche nelle organizzazioni. Il 38% dei dipendenti in Italia, infatti, non lavorerebbe per un’azienda con valori differenti dai propri sui temi sociali e ambientali. (Fonte: Ranstad Workmonitor)

 

Anche qui, l’adozione dello smart working influisce positivamente a causa dei benefici che si possono ottenere a livello ambientale. Lavorare totalmente in smart consente di ridurre le emissioni annue del 40%, portandole a circa 450 kg per dipendente grazie alla riduzione degli spostamenti e alla riduzione delle emissioni provenienti dalle sedi. (Fonte: Osservatorio smart working)

 

Inoltre, l’adozione di soluzioni cloud per la condivisione dei documenti consente di eliminare il cartaceo dalla propria azienda. Tutti benefici importanti anche dal punto di vista dei criteri ESG e dell’attrazione degli investitori.

 

Risulta evidente dai dati raccolti che le aziende debbano agire rapidamente, innovarsi e ascoltare in modo attivo le esigenze delle nuove generazioni di lavoratori, componente fondamentale e necessaria per mantenere la propria competitività sul mercato