Da mesi, se non da anni, continuiamo ad occuparci degli affari del Premier, un po’ perché diciamo che lo stesso utilizza il suo incarico di primo ministro per fare leggi ad personam, un po’ perché, in fondo i media non parlano d’altro o quasi.

Allora capita che si “parli” a “bassa voce” di questioni tipo: la tenuta del sistema Italia, di crollo del Sud e di possibile emigrazione “epocale” (SVIMEZ), di non tenuta del nostro sistema bancario, di disoccupazione galoppante e di disoccupazione giovanile raccapricciante, e che si parli, anzi si “urli” di intercettazioni e di conflitto di interessi in modo che “la bassa voce” dei veri problemi del Paese non venga ascoltata da nessuno se non dai più attenti.

E poi c’è una parte di cittadini e di imprese che non ha più la possibilità di ascoltare nessuno perché talmente presa dai suoi “guai” che non riesce più ad avere la lucidità per un “ascolto” attento di quello che gli accade intorno perché, in fondo, il mondo gli sta già crollando addosso, senza bisogno che qualcuno glielo annunci.

Fermo restando che il nostro Paese ha perso di credibilità e che il nostro Governo attuale certamente non può dargliela e, fermo restando che sarebbe meglio che Silvio Berlusconi passi la mano al più presto per il bene dell’Italia, noi tutti ci dovremmo preoccupare delle scelte e delle ricette per salvare questo Paese.

Si è persa, a mio avviso, un’occasione unica di “marketing territoriale”, se così possiamo dire, e di possibilità di far rinascere negli italiani l’orgoglio di essere Paese. Si è scelto di festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia nella retorica, senza capire e raccontare le ragioni profonde delle diversità e senza far comprendere che le stesse potessero essere fonte di grande unità. Si è scelto di raccontare la favoletta risorgimentale e non le colpe immense della politica e dei nostri politici in 150 anni. Si è scelto di assurgere Napoli ad esempio delle maggiori scempiaggini (che pure ci sono) e si è scelto di dipingere il Nord (tutto) come razzista.

Siamo un popolo che dalla mattina alla sera viene distratto da una comunicazione (non informazione, attenzione) convenzionale e fatta di stereotipi. Da Berlusconiani e da anti-berlusconiani. Tutti gli altri non contano. Da amanti del proprio Paese (coloro che accettano le favolette) e da antitaliani (coloro che cercano di ricostruire la storia e le ragioni del disagio per ricostruire il Paese).

Se continuiamo a credere a ciò che ci viene propinato ogni giorno siamo destinati al declino e tutti noi presto ci sveglieremo dal sogno del Bel Paese…  in un incubo.

di Michele Dell’Edera
http://www.micheledelledera.it

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