A seguito del tavolo tecnico del 16 febbraio scorso le scriventi organizzazioni sindacali ritengono che la discussione non ha prodotto risultati che possano rappresentare una soluzione alle problematiche di Amica Spa. E’ emersa soltanto la volontà dell’amministrazione comunale di abbattere i costi di gestione dell’azienda attraverso quella che potrebbe configurarsi come una sorta di “pulizia etnica” con tagli al personale, im quanto a detta del sindaco è l’unica causa del fallimento della società.

Va detto che tutte le soluzioni proposte dal sindaco – ovvero il ricorso per i lavoratori alla Cassa integrazione straordinaria, alla mobilità, gli “esodi incentivati” – non sono attuabili in quanto non previste per società pubbliche. Senza tener conto delle ricadute negative per i lavoratori a fronte delle nuove normative introdotte dal Governo Monti in materia di pensioni.

I sindacati ritengono che la riduzione dei costi, la riorganizzazione dei servizi e il recupero delle diseconomie non possano prescindere dall’esprimere compiutamente e preventivamente che tipo di società e quali attività dovrà svolgere un eventuale nuovo soggetto che sia pubblico o a partecipazioni di privati, cosa che al momento non ci è dato conoscere.

Alla luce di quanto esposto le scriventi organizzazioni sindacali ritengono di non dover più partecipare al tavolo tecnico già istituito se il sindaco o chi per lui prescinderà da quanto sancito nell’accordo sottoscritto in prefettura lo scorso 25 gennaio, e ratificato in Consiglio comunale all’unanimità. Accordo con il quale si è stabilito che qualunque sarà la scelta della modalità di gestione del servizio, saranno mantenuti i livelli occupazionale in applicazione del contratto di settore e degli istituti contrattuali vigenti per la tutela dei diritti maturati e acquisiti dai dipendenti.

Per i sindacati quindi, il piano di risanamento da attivare in regime di amministrazione straordinaria, presentato dal sindaco senza alcuna ratifica del consiglio comunale, non può essere considerato una base di qualsivoglia discussione e confronto, perché inapplicabile e di conseguenza inaccettabile nella sua interezza.

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