Negli ultimi sessanta anni, la plastica è diventata un materiale utile e versatile con una vasta gamma di applicazioni. Il suo uso è in continua crescita con l’aumentare dello sviluppo del settore delle materie plastiche. In futuro, la plastica potrebbe aiutare ad affrontare alcuni dei problemi più impellenti del mondo, come il cambiamento climatico e la scarsità di cibo. Ad esempio, le materie plastiche vengono utilizzate nella fabbricazione di rotori per turbine eoliche e gallerie in polietilene che possono aiutare la crescita delle colture in condizioni molto sfavorevoli.

La produzione di plastica e il suo uso nelle economie emergenti sembrano destinati a continuare e di conseguenza si dovrà sviluppare una gestione delle infrastrutture dei rifiuti.

Purtroppo, le proprietà della plastica che la rendono importante, come la sua durata, la leggerezza e il basso costo, contribuiscono a evidenziare il problema della sua disposizione. In molti casi, le materie plastiche sono gettate dopo l’uso, in particolare imballaggi e fogli, ma perché sono durevoli, persistono nell’ambiente allocando un grave danno, come la plastica che raggiunge il mare e che tende a rimanere in superficie vista la bassa densità.

Molta attenzione è stata dedicata ai rifiuti derivanti dalla plastica da politici, scienziati e dai media alla fine degli anni novanta, dopo la scoperta della Great Pacific Garbage Patch di Charles Moore.  Si tratta di uno strato di spazzatura galleggiante tra la California e le Hawaii, che ricopre circa 3.430.000 km2 (la dimensione dell’Europa), che è composta di materie plastiche e contiene tutto, da grandi reti da pesca abbandonate, a minuscole particelle di plastica (o microplastics). Questo tipo di massa di rifiuti nei mari è conosciuto come “Zuppa di plastica” e si teme che anche i mari europei come il Mare Mediterraneo e il Mare del Nord ospitino simili macchie. Per siffatte ragioni, i rifiuti marini e i rifiuti di plastica sono in questo momento una priorità dell’agenda politica dell’Unione Europea.

La plastica è relativamente ancora un materiale nuovo, il che significa che il problema dei rifiuti plastici è stato messo a fuoco solo di recente, così come la conoscenza della sua persistenza ambientale, ed è ancora più recente la scoperta dei possibili effetti sulla salute e sull’ambiente, come ad esempio gli impatti delle sostanze chimiche contenute nella plastica.

La complessità della questione è esaltata a livello globale dall’incertezza sulla natura dei rifiuti di plastica, e dal suo costante movimento, soprattutto in mare. Tutto ciò rende difficile individuare le fonti e il suo impatto sino a poter definire uno specifico percorso per creare un quadro globale poiché il contenuto di rifiuti plastici può variare a seconda del luogo e del momento dell’anno, mentre i suoi effetti possono variare nei vari stadi della vita umana.

Finora, la ricerca è stata un po’ frammentaria nel documentare la distribuzione dei rifiuti di plastica e degli impatti, ma per impostare un’efficace politica sui rifiuti di plastica, c’è bisogno di un’efficace raccolta dei dati esistenti e di una maggior armonizzazione dei metodi di ricerca, al fine di attuare una politica di monitoraggio.

Se si pensa che Van Franeker (2011) solo nel Mare del Nord ha stimato che si rimodellano e ridistribuiscono circa sei tonnellate di plastica attraverso l’ingestione di rifiuti di plastica, questo fa sì che il problema esiste ed è molto grave, quindi bisogna cercare di elaborare una soluzione con una prospettiva a lungo termine, sfruttando la ricerca scientifica e la consapevolezza di arrecare un grave danno all’ambiente.

La tutela dell’ambiente deve essere sorretta da una sana politica ambientale che abbia una forte volontà, perché dove c’è una grande volontà non possono esserci grandi difficoltà.
di Orazio Buonamico

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