Il caffè non è solo un alimento benefico ma anche una bevanda molto amata, che se assunta in piccole dosi diventa un vero e proprio toccasana.
Le diverse specie di caffè che si consumano derivano da alcune piante appartenenti alla famiglia delle Rubiacee, del genere Coffea.
Ma dove si produce il caffè?. Le maggiori produzioni si hanno nell’America Meridionale, in Africa, in Brasile.
Le specie più conosciute e più coltivate sono la Coffea arabica e la Coffea canephora conosciute con il nome commerciale di Arabica e Robusta.
Sono entrambe piante arboree: la prima, originaria dell’Abissinia anticamente veniva chiamata Kaffa. Essa presenta foglie lunghe di circa 10 cm con margine ondulato, sempreverdi e fiori a grappolo bianchi e profumati. I frutti sono piccole drupe di colore verde o verde azzurro che giunte a maturazione, diventano di colore giallastro; successivamente assumono una colorazione rossa o bruna: dalla sua lavorazione si ottiene un caffè più ricco di aroma.
La seconda si presenta con foglie ovali, appuntite e con fiori aventi normalmente 5 petali ma anche con 6 o 7 petali. I frutti sono di colore rosso e di forma allungata: si ottiene un prodotto più forte e più corposo.
Quali sono le fasi tecnologiche del caffè? Scopriamole insieme…..
Quando la maggior parte dei frutti ha raggiunto la piena maturazione si procede alla loro raccolta che varia in funzione del luogo di produzione e in funzione delle condizioni climatiche, ad esempio, in Brasile avviene tra aprile e giugno, mentre in Africa avviene tra marzo e settembre.
La raccolta dei frutti può essere fatta a mano, o con appositi macchinari a palette vibranti raccogliendoli sui teloni. Ultimata se ne formano cumuli, che vengono sottoposti a cernita ed a setacciatura, in modo da eliminare foglie e corpi estranei. 
Terminata la raccolta si procede all’estrazione dei semi dal frutto.Questa operazione può essere effettuata secondo due sistemi fondamentali: a secco, detto antico che dà i cosiddetti caffè naturali e a umido detto Brasiliano che fino ad   oggi è il metodo più usato che dà i cosiddetti caffè lavati.
Con il primo metodo i frutti vengono fatti seccare al sole e quindi mediante macchine scorzatrici e ventilatrici si liberano i semi dal frutto. Il caffè così ottenuto si sottopone a pulitura e a cernita, prima con macchine, poi a mano, in modo da suddividere i chicchi a seconda della grandezza e del                   
colore.
Il secondo metodo, invece prevede diverse fasi: pulizia dei frutti, spolpatura, lavaggio, essiccazione, e sbucciatura: i frutti freschi vengono condotti, mediante canalizzazioni a corrente di acqua, alle macchine spolpatrici, fornite di dischi scanalati e dentati che dirompono la polpa mettendo in libertà i semi che vengono lavati e fatti seccare al sole.
Ultimata l’estrazione dei semi, segue la torrefazione o tostatura del caffè che rappresenta una delle fasi tecnologiche più importanti: il caffè viene tostato a temperature di 200- 220 °C e le sue componenti subiscono delle modificazioni chimiche importanti. Ad esempio, il cambiamento di colore è determinato dalla caramellizzazione degli zuccheri, processo favorito dalle alte temperature utilizzate: si formano dei composti volatili a cui si deve il particolare aroma del caffè tostato.
Si conoscono diversi tipi di tostatura: quello “all’americana “ detto anche “blando”, che conferisce ai chicchi un colore marrone-bruno e quello “ spinto”, chiamato anche “all’italiana”, che dà ai chicchi un colorito bruno, infine esiste una tostatura utilizzata soprattutto nei paesi africani e mediorientali, dove è di uso comune il caffè alla turca, che conferisce ai chicchi un colorito ancora più intenso.
Non bisogna poi dimenticare che i fattori che determinano la bontà della bevanda sono: una corretta combinazione tra miscela e macinazione in relazione al tipo di macchina che verrà utilizzata per la sua preparazione.
La miscelazione si basa su due componenti molto importanti come ad esempio la composizione e il grado di tostatura.
Quali sono le miscele migliori? Quelle che derivano dalla mescolanza di tipi di caffè provenienti da zone diverse, ad esempio le miscele composte da Arabica e Robusta sono più corpose e presentano un gusto decisamente più forte, mentre quelle composte dalla solo Arabica di provenienza diversa sono più dolci e aromatiche.
Come deve essere conservato? Per poter conservare la sua fragranza è bene riporlo in recipienti ben chiusi in modo tale da evitare il contatto con l’aria, responsabile dei fenomeni ossidativi che lo andrebbero ad alterare.
Qual è la composizione chimica dei semi del caffè? I semi del caffè sono costituiti da cellulosa, destrine, zuccheri, sostanze azotate, sostanze grasse, sali minerali e il componente più comunemente conosciuto è la caffeina.
Le due specie Arabica e Robusta presentano differenze notevoli nella loro composizione chimica:
la prima contiene meno caffeina , mentre la seconda contiene meno sostanze grasse.
La sua composizione si modifica molto durante la torrefazione ovvero in quel processo che trasforma il caffè verde in caffè tostato pronto per essere macinato e utilizzato per prepararne la bevanda.
Quali effetti ha la caffeina sul nostro organismo? Bere molto caffè può far male?
La caffeina che è il principale costituente dei chicchi è la sostanza stimolante più consumata al mondo : ma le sue proprietà non terminano qui.
Il caffè infatti è stato riscoperto dalla scienza: gli studi condotti sulla possibile attinenza tra malattie cardiovascolari e consumo di caffè sono tutti concordi nell’affermare che, a patto che non lo si consumi in quantità esagerata per mesi o per anni, non può essere considerato tra i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari: uno studio pubblicato dalla rivista  Nutrition, metabolism, and cardiovascular disease ha messo in evidenza che il consumo moderato di caffè non aumenta il rischio di ischemia.
Dalle ultime scoperte si è evidenziato anche, che il caffè è uno degli alimenti più ricco di antiossidanti naturali, ossia di molecole che rallentano o prevengono i danni dai radicali liberi.
I principali composti fenolici sono gli acidi clorogenici: sostanze ad azione antiossidante indicate per neutralizzare i radicali liberi. Il loro contenuto, varia a seconda della varietà di caffè, della torrefazione e della sua preparazione: sono all’incirca il 28% più abbondanti nella varietà Robusta che in quella Arabica;ma si riducono fino al 90% durante i diversi processi di lavorazione.
Uno studio scientifico ( Coffee Consumption and Risck of Cardiovascular Events After Acute Myocardial Infarction ) in cui si è valutata la correlazione tra il consumo di caffè ed il rischio cardiovascolare in soggetti con pregresso infarto del miocardio ha dimostrato ancora, che il consumo di caffè non modifica il rischio di comparsa di eventi coronarici, ictus e morte improvvisa.
Ci sono anche studi interessanti sul ruolo protettivo del caffè nei confronti del Parkinson e sulla riduzione del rischio di sviluppo del diabete di tipo 2.
Non esiste una correlazione tra il caffè e tumori: da molte ricerche scientifiche sembra che il consumo regolare di caffè ha addirittura un effetto protettivo nei confronti del tumore al pancreas, e seppur ancora non del tutto certo sembrerebbe che il caffè abbia un effetto protettivo, anche nei confronti del cancro al colon.
Secondo gli autori dello studio “Coffe, Caffeine and the risck of liver chirossis” condotto dal Prof. G. Corrao del Dipartimento di Statistica dell’Università degli Studi di Milano l’attività della caffeina contrasta l’attività negativa dell’alcool confermando una relazione inversa tra il consumo abituale di caffè e il rischio di cirrosi epatica.
 Sul sistema digerente, l’effetto maggiore del caffè è rappresentato dalla stimolazione della secrezione acida da parte dello stomaco: le persone sofferenti di disturbi gastrici dovuti ad una eccessiva secrezione acida dovrebbero pertanto limitare l’assunzione di caffè. Inoltre, stimola la produzione di saliva favorendo la prima fase digestiva che avviene nella bocca, la secrezione della bile e la motilità intestinale.
Per chi vuole limitare la caffeina, esiste in commercio il caffè decaffeinato. Erroneamente quando si parla di decaffeinato spesso si pensa che con questo metodo si priva il caffè del suo aroma: il gusto del caffè dipende esclusivamente dalla concentrazione delle sostanze aromatiche che si sviluppano durante il processo di tostatura, mentre il processo di rimozione della caffeina viene applicato ai chicchi di caffè ancora crudi.
Per decaffeinare il caffè esistono 3 differenti metodi : con l’anidride carbonica i chicchi verdi vengono inumiditi con vapore e acqua, dopo vengono fatti passare nell’estrattore insieme all’anidride carbonica che si trova in uno stato fisico detto “supercritico” ( l’anidride carbonica ha la duplice proprietà di diffondere come un gas e di solubilizzare come un liquido). I chicchi una volta separati dalla caffeina vengono essiccati.
Il secondo metodo prevede l’utilizzo dell’acqua in quanto la caffeina è solubile: l’acqua    attraversando i chicchi di caffè verde, estrae la caffeina la quale successivamente passa attraverso il carbone attivo che la trattiene. Il liquido che si ricava a questo punto senza caffeina è reintrodotto nei semi decaffeinati che vengono poi parzialmente essiccati.
L’ultimo metodo è con il diclorometano o acetato di etile: i chicchi ancora verdi vengono umidificati tramite vapore, successivamente passano negli estrattori dove, con l’acetato di etile si decaffeinizzano. I residui delle due sostanze vengono infine eliminati con un successivo trattamento con vapore ed attraverso la tostatura si fanno evaporare le ultime tracce.
 
di Raffaella Felice – Camliving.it

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