Dalle community ai podcast di nicchia, passando per la centralità di YouTube e dei messaggi valoriali reali, senza dimenticare l’innovazione tecnologica: Alex Ballato, CEO e co-founder della content media house Hellodì, racconta gli elementi più significativi che caratterizzeranno il nuovo anno per il settore MarCom, per cui si stima un valore di 17,5 miliardi di euro (+5,4% rispetto al 2025)
Milano – Il 2026 si prospetta essere un anno proficuo per il mercato italiano della comunicazione, come segnalato recentemente da UNA – Aziende della Comunicazione Unite [1]: il suo valore complessivo (tra mercato adv tradizionale ed experiential marketing) si prevede raggiungerà i 17,5 miliardi di euro, battendo i 16,6 miliardi del 2025 con una crescita del +5,4%. Solo il mercato pubblicitario, forte anche degli investimenti dettati dai grandi eventi sportivi come i Giochi Olimpici Invernali di Milano Cortina, si stima toccherà i 12,5 miliardi di euro (+4,5% rispetto al 2025).
Con delle prospettive di ingresso nel nuovo anno così floride per il settore, sorge spontanea la curiosità circa le grandi novità che attendono brand e consumatori. Alex Ballato – co-founder e CEO della content media house Hellodì (https://hellodi.it/) – ha individuato i 5 trend del 2026 per il mondo pubblicitario e della comunicazione da tenere presenti per creare e progettare strategie di marketing efficaci.
“Avere un quadro chiaro sulle tendenze future è un fattore decisivo per comprendere quale direzione prendere” – spiega Alex Ballato – “I social sono diventati una vetrina, e le relazioni diventeranno sempre più competenza delle piccole community capaci di ritrovarsi anche offline. Nel 2026 sarà fondamentale spostare il focus: meno contenuti pensati solo per farsi notare, più messaggi valoriali capaci di lasciare davvero qualcosa a chi li riceve.”
I 5 TREND MARCOM DEL 2026
Quali elementi continueranno a funzionare e quali sembrano essere in via di estinzione? Come lasciare un messaggio incisivo alla luce di feed sempre più dominati dagli algoritmi? Ecco i 5 trend che rispondono a queste domande e aiutano a pianificare al meglio la comunicazione nel 2026.
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Per brand e creator, coltivare una community reale sarà il naturale passo successivo nella comunicazione social
I social sono ormai diventati una versione moderna dello zapping televisivo. Non si vedono più prevalentemente i post degli amici, quanto più un feed pieno di contenuti suggeriti da un algoritmo. Come conseguenza, brand e creator che desiderano fidelizzare una audience, o chi semplicemente punta ancora a creare un rapporto tra persone, deve coltivare la community nella vita reale: non necessariamente enorme ma sicuramente fidelizzata e verticale, che garantisca supporto continuativo al brand. Per farlo è necessario l’utilizzo di mezzi capaci di creare un rapporto diretto tra le persone e l’azienda, come Substack, uniti a un sempre maggiore uso dell’offline, con l’organizzazione di eventi e occasioni di incontro esclusivi con il proprio pubblico.
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I podcast saranno sempre più rivolti a una nicchia specifica di ascoltatori, non a un pubblico ampio e generico
Lo strumento che ha ottenuto maggiore crescita e attenzione nell’ultimo anno è innegabilmente il podcast. Il settore è cresciuto in modo esponenziale nel 2025 (raggiungendo quasi 13 milioni di ascoltatori [1]) e si è rapidamente saturato: si potrebbe dire che c’è quasi più offerta che domanda, e in questo contesto emergere è sempre più complicato. Ciò che è fondamentale ricordare è che, per essere rilevanti, non è necessario entrare in Top 10: è molto più efficiente capire il target a cui ci si rivolge, creando contenuti di alto valore per la “nicchia di interesse”. I podcast sono uno strumento estremamente valido, ma sprigionano tutto il loro potenziale quando diventano il più specifici possibile. A perdere in partenza saranno le realtà che, ignorando questo concetto, punteranno a creare un podcast solo per fare milioni di views.
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YouTube rimarrà ancora il re delle piattaforme per veicolare contenuti di qualità
Proprio nel 2025 YouTube ha compiuto 20 anni. Un trend per il 2026 sarà la maggiore centralità della piattaforma longform per eccellenza, al momento l’unica costruita in maniera da poter ospitare sia gli short form che i video più strutturati, dove il valore del creator non è unicamente vincolato al gancio iniziale o alla brevità del contenuto, ma all’abilità di creare una community intorno a un certo tema e a un personalissimo modo di raccontarlo. Non è un caso se, sulla bilancia della qualità, 100.000 follower su TikTok e 100.000 iscritti a un canale YouTube hanno un peso enormemente differente. E sembra che diversi brand si stiano accorgendo di questo, eleggendo proprio “Il Tubo” a canalizzatore di riferimento del contenuto di valore.
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Le campagne di comunicazione dovranno trasmettere messaggi valoriali per essere d’impatto
I social sono sempre più saturi di “content” e l’AI aumenta il rischio di creare contenuti sempre più omologati, e quando c’è poco contenuto di valore tutto diventa “rumore”. Questa sensazione si sta diffondendo anche tra i brand, che per emergere sono sempre più spesso in cerca di campagne “bold”, ovvero sia campagne che osano per farsi notare, sia campagne che forniscono un messaggio che lasci il segno (e abbiano quindi un ritorno d’immagine positivo per chi le realizza) e non siano solo perfette graficamente grazie all’AI. Un buon proposito per l’anno nuovo? Aumentare i messaggi valoriali nelle produzioni, così da generare meno contenuti asettici e più comunicazioni in grado di arricchire le persone in modo autentico.
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La comunicazione dovrà essere progettata anche per l’AI, non solo per le persone
Nel 2026 l’Intelligenza Artificiale diventerà un vero intermediario tra brand e pubblico: l’implementazione dell’AI nei motori di ricerca e gli AI Agents influenzeranno sempre più spesso le scelte di acquisto, selezionando e raccomandando prodotti e contenuti al posto delle persone. Questo porterà i brand a ripensare la propria presenza digitale: non basterà essere visibili e parlare alle persone, ma sarà fondamentale essere comprensibili e rilevanti anche per l’AI. La comunicazione dovrà essere strutturata per risultare riconoscibile e facilmente interpretabile dagli algoritmi, perché se un brand non è presente nei contenuti da cui l’AI apprende, semplicemente non verrà consigliato. Non è molto diverso da quanto accaduto con la SEO fino a oggi: negli ultimi 20 anni ci siamo abituati al fatto che essere presenti online implichi essere visibili sui motori di ricerca. La nuova sfida è estendere questa presenza anche alle fonti che verranno citate dalle intelligenze artificiali.
Tuttavia, questo non deve diminuire l’attenzione rivolta alle persone: allo stesso tempo, l’AI diventerà uno strumento strategico per comprendere meglio le audience e anticiparne i bisogni.

