Il Presidente Serafini: “Il primato di assoluta qualità del “Made in Italy” resta saldo, ma dobbiamo fare attenzione all’ingresso di nuovi paesi produttori che puntano sulla leva del prezzo e rischiano di sottrarci quote di mercato importanti.”
Stabili i consumi interni. Nel primo semestre del 2025 cala l’export in volume (-3,6%) e in valore (-10,7%). Il trend negativo è legato alla vicenda dazi USA
Napoli – I risultati di una campagna di trasformazione del pomodoro particolarmente lunga e complessa e una serie di criticità che pesano negativamente sull’ efficienza e sulla redditività: dalla gestione della governance di filiera fino all’avvento sui mercati internazionali di paesi competitor che, pur non riguardando il mercato domestico, rischia di sottrarre quote di mercato al nostro export. Sono questi alcuni dei principali temi affrontati durante l’Assemblea Pubblica di ANICAV, tenutasi a Napoli nel corso della tredicesima edizione de Il Filo Rosso del Pomodoro a cui hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni, i principali player del comparto della trasformazione e dell’intera filiera del pomodoro, dal comparto agricolo al packaging. Il dibattito è scaturito dalla presentazione dello studio condotto da The European House – Ambrosetti, per conto di ANICAV, dal titolo: “Disegnare il futuro: sfide e opportunità per la filiera del pomodoro”, e dalle considerazioni fatte dal Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, che ha definito la filiera del pomodoro da industria come un “pilastro dell’agroalimentare Italiano”.
IL SETTORE IN NUMERI
La campagna di trasformazione del pomodoro 2025 in Italia si è chiusa con una produzione di circa 5,8 milioni di tonnellate, in leggero aumento rispetto al 2024, ma comunque inferiore (-10% circa) al programmato. l’Italia ritorna ad essere il secondo Paese trasformatore di pomodoro a livello mondiale dopo gli Stati Uniti e prima della Cina che, dopo l’exploit degli scorsi anni, ha ridotto drasticamente le produzioni alla luce delle difficoltà legate principalmente al mantenimento delle quote di mercato estero. Il nostro Paese rappresenta il 14,4% della produzione mondiale e il 53,8% del trasformato europeo.
L’Italia si conferma saldamente il primo Paese produttore ed esportatore di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore finale. Nel 2024 i mercati esteri hanno fatto registrare segnali positivi sia in volume (+ 6,5%) che in valore (+3,8%). Nel primo semestre del 2025, di contro, si rileva, rispetto al primo semestre 2024, una riduzione dell’export in volume (-3,6%) e in valore (-10,7%), legata quasi certamente all’incertezza causata dalla vicenda dazi USA (fino al 2024 il comparto subiva una tassazione per l’esportazione in USA tra il 6 e il 12% a seconda dei formati e delle referenze, ora si è passati al 15% per tutti i prodotti). L’Europa, con la Germania in testa, si conferma, ancora una volta, il principale mercato di sbocco dei nostri derivati. Quote significative sono rappresentate dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dal Giappone e dall’Australia.
Analizzando i dati di consumo interni, nel canale retail, nel primo semestre 2025 si registra una sostanziale stagnazione dei consumi rispetto allo scorso anno, con una lieve contrazione delle quote di mercato sia in termini di volume (-0,4%) che di valore (-0,5%). La flessione maggiore ha riguardato la polpa e il pelato intero. La passata continua ad essere il prodotto più venduto, rappresentando il 63,4% del mercato dei derivati. A seguire troviamo la polpa (20,4%), i pomodori pelati (10,9%), i pomodorini (3,8%) e il concentrato (1,7%). Stabile il canale del “Fuori casa” che rappresenta la maggior parte (il 67%) del volume totale di derivati del pomodoro consumati in Italia (circa 2,1 milioni di tonnellate).
“La nostra annuale assemblea pubblica è l’occasione ideale per riflettere, insieme alle Istituzioni e a tutti gli attori coinvolti nella filiera del pomodoro da industria, sugli scenari attuali, sulle criticità a cui dobbiamo far fronte e sulle strategie da mettere in atto per guardare al futuro con fiducia. – dichiara il Presidente di ANICAV, Marco Serafini – Il primato di assoluta qualità che i nostri prodotti “Made in Italy” hanno conquistato nel corso dei decenni resta saldo; tuttavia, è necessario soffermarsi con attenzione sui cambiamenti in corso, in particolare sull’ingresso di nuovi paesi produttori che, pur non potendo garantire lo stesso livello qualitativo, puntano sulla leva del prezzo e rischiano di sottrarci quote di mercato importanti. Nel lungo periodo questa situazione potrebbe creare difficoltà, anche considerando che il nostro comparto è da sempre fortemente orientato all’export. Per prevenire questi rischi sarà quindi indispensabile rendere più efficiente l’intera filiera, così da ridurre i costi senza intaccare la qualità, intervenendo su alcuni temi specifici. Penso, ad esempio, alla corretta gestione delle risorse idriche, ambito sul quale il Masaf ha annunciato proprio in questi giorni importanti interventi, dando ascolto alle nostre richieste; al divieto da parte dell’UE di utilizzare alcuni agrofarmaci e fertilizzanti, che incide negativamente sulle rese agricole e ci pone in una posizione di svantaggio rispetto a paesi che non sono soggetti alle stesse limitazioni; e, ancora, al forte impatto del sistema ETS, che impone standard su emissioni e consumi senza eguali nel mondo, senza tenere adeguatamente conto della stagionalità del nostro lavoro. Sono questioni complesse, sulle quali dobbiamo confrontarci insieme per individuare soluzioni concrete.”
“Uno dei temi centrali del dibattito è sicuramente quello della governance della filiera e della necessità di migliorare la relazione tra parte agricola e parte industriale. – Continua, Il Direttore Generale di ANICAV, Giovanni De Angelis – Serve quindi un dialogo più costruttivo, mettendo al centro del processo di rinnovamento l’interprofessione, che va però ripensata nel suo perimetro di competenze e nel modello operativo, in particolare nel bacino Centro Sud. In questo scenario complesso, gli accordi quadro restano lo strumento imprescindibile e centrale per una corretta programmazione. Solo così possiamo pensare di contrastare l’evidente calo delle rese agricole e l’aumento dei costi di produzione, per poi puntare a distribuire in maniera più equilibrata il valore lungo tutta la filiera, garantendone la competitività. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, soprattutto se consideriamo che il prezzo pagato in Italia dall’industria di trasformazione agli agricoltori per la materia prima è da sempre il più alto al mondo.”

