Ogni giorno, i mezzi di comunicazione ci sommergono con informazioni preoccupanti e tristi.  Malapolitica, malasanità, sprechi infiniti di denaro pubblico, ruberie istituzionalizzate, imbrogli, sovvertimento dei valori, povertà strisciante e crescente, polemiche velenose tra  gli uomini più in vista del Paese, quelli che dovrebbero essere di esempio perché sono le guide da noi stessi elette.
     Un senso di smarrimento coglie l’uomo della strada che si chiede:  “Ma l’Italia è proprio ridotta così male?”
      Per fortuna, quelle brutte notizie non fotografano l’intero Paese.  E’ uscito in questi giorni un libro pubblicato dall’Editrice Ancora, che racconta una storia bella e positiva. La storia di uno dei tantissimi piccoli imprenditori italiani, categoria di cui si parla poco ma che rappresenta l’ossatura robusta su cui poggia la nostra economia anche nei momenti difficili. Un omaggio, quindi, all’Italia che lavora e crea lavoro. Magnificamente scritto da Roberto Allegri, il libro si intitola “Il sarto di Guareschi” ed è la storia  un cittadino qualunque, ma che ha realizzato grandi cose per la società.  Quest’uomo si chiama Nicola Martinelli, è un imprenditore veronese che, partendo da zero, in mezzo secolo di attività ha messo in piedi un piccolo impero. Non tanto di soldi, ma di una ricchezza ben più importante dei soldi,  quella dei posti di lavoro.    
  
    Figlio di povera gente, Nicola Martinelli è nato nel 1925 a Sandrà, piccolo centro sul lago di Garda. Fin da bambino voleva diventare sarto. Imparò il mestiere dall’unico professionista della zona. Dopo la guerra si mise in proprio, ma sul Garda non c’era possibilità di sfondare. Nel 1949, emigrò a Milano. Era un giovane timido, riservato, quasi pauroso. Grande lavoratore e bravissimo nella sua professione di sarto per uomo, ma con quella timidezza non avrebbe mai fatto strada. Per fortuna, incontrò Giovannino Guareschi, il grande scrittore, l’inventore di “Don Camillo”. Guareschi era all’apice della fama, ma aveva conservato quella sua straordinaria sensibilità verso le persone umili. Intuì le potenzialità di quel sarto timido e volle aiutarlo. Lo presentò ai propri amici, giornalisti, scrittori, imprenditori, finanzieri. Lui stesso, che amava vestire da contadino, si fece confezionare abiti eleganti. E tutti scoprirono le doti eccezionali di quel giovane  talento, che in pochi anni divenne uno dei maggiori sarti di Milano, premiato per due volte con le “Forbici d’oro”.
     Ma proprio mentre la carriera andava a gonfie vele,  Martinelli si ammalò. Ulcera allo stomaco. L’insidiosa malattia di chi somatizza ansie e preoccupazioni. Un tormento terribile per un sarto che deve restare chino al tavolo di lavoro per quindici, sedici ore il giorno. “Se non vuole morire deve tornare nella tranquillità del suo paese natale”, sentenziarono i medici. Ma a Sandrà nessuno allora aveva i soldi per andare da un sarto famoso a ordinare un vestito. Era la fine di un sogno. Ma Martinelli non si perse d’animo. Decise di cambiare lavoro. Non più ore ed ore a tagliare e cucire vestiti di alta sartoria. Pensò di  diventare un “produttore” di abbigliamento. Un “divulgatore” di confezioni eleganti e belle a  prezzi popolari.
     Eravamo alla fine degli Anni Cinquanta. In Lombardia stava prendendo piede il lavoro a domicilio. Martinelli, ritornato al suo paese d’origine, cominciò a tagliare abiti femminili e ad affidarne la confezione alle casalinghe di Sandrà che non potevano andare in fabbrica, anche perché fabbriche a Sandrà non ce n’erano. L’iniziativa ebbe subito successo. Martinelli la perfezionò. Insieme ai propri fratelli aprì  uno stabilimento, poi un secondo, poi un terzo continuando  però anche ad allargare il lavoro a domicilio che valicò i confini di Sandrà diffondendosi nei paesi limitrofi. In un paio d’anni, centinaia di persone lavoravano per l’azienda Martinelli che continuava a crescere.
     Alcuni dei dipendenti,  imparato il mestiere e allettati dal successo del loro datore di lavoro, decisero di mettersi in proprio. E Martinelli non li ostacolò considerandoli dei concorrenti, come in genere avviene. Anzi, ricordando che anche lui era stato aiutato da Guareschi all’inizio della carriera, agevolò quelle persone. Non solo con dei consigli preziosi ma a volte prestando loro dei soldi senza mai chiedere una lira di interesse.
      In questo modo, Nicola Martinelli  contribuì a dar vita a un movimento  di lavoro che ha trasformato  interi paesi del Garda e del veronese.  Le campagne, prima povere, ora brillano di benessere. Villette e gradevoli costruzioni aziendali si mescolano con equilibrio tra il verde degli ulivi. Decine di piccole aziende di confezioni femminili sono sorte sull’esempio di quelle create da Martinelli, tutte impegnate a mettere sul mercato prodotti di ottima qualità,  tanto che la Regione Veneto  con una apposita legge ha stabilito che i centri dove questo tipo di abbigliamento viene prodotto possano fregiarsi del prestigioso  titolo di “Distretto veronese del Pronto Moda”.
    Nicola Martinelli ha festeggiato mezzo secolo di attività imprenditoriale. E’ bene ha fatto la casa Editrice Ancora a dedicargli un libro per far conoscere “che cosa” ha realizzato e “come” lo ha realizzato. Celebrando, in questo modo, non solo lui, ma la categoria cui appartiene, cioè quella dei piccoli imprenditori italiani,  che sono molti, moltissimi nel nostro Paese: geniali, generosi, umili, riservati, gran lavoratori, persone che tengono in piedi la nostra  economia e offrono speranze positive per l’avvenire anche quando si presenta difficile.
 
Vittoria Bovo
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