Il welfare aziendale sta trasformando la capacità attrattiva delle imprese, ricoprendo un ruolo chiave nella lunga Talent War aziendale. Benefit, engagement e retention sono le leve strategiche per il successo, ma per Pluxee Italia bisogna lavorare su un’offerta all’insegna della capacità relazionale.
Milano – Non è ancora arrivata ai 30 anni del famoso conflitto anglo-francese, ma di sicuro ci si sta avvicinando: la “Guerra dei Talenti”, come fu denominata nel 1997 da tre consulenti di McKinsey, è ancora in pieno corso e sta mettendo le imprese in fortissima competizione per arruolare e trattenere le risorse umane desiderate.
Secondo le ultime indagini annuali di Confindustria, il tasso di turnover complessivo nelle imprese italiane ha raggiunto il 34% nel 2023 e, sebbene il 2024 abbia registrato un miglioramento, ci sono alcuni settori, come quello dei servizi, dove il tasso complessivo di ricambio dell’anno scorso arriva al 57%. Inoltre, i dati Excelsior del 2025, relativi al primo trimestre, mostrano che la difficoltà di reperimento di talenti a livello nazionale è aumentata dal 45% del 2024 al 48%.
Ma se le statistiche non bastassero, a riconferma del fatto che il processo per attrarre e trattenere i talenti, per le aziende, è passato da semplice necessità a vera e propria sfida strategica per adattarsi ai cambiamenti e competere efficacemente nel mercato globale, c’è lo stesso Global Talent Acquisition Day (GTAD), che dal 2018, ogni primo mercoledì di settembre sensibilizza le imprese sul ruolo svolto dal processo di ricerca, acquisizione e mantenimento della forza lavoro.
Sempre di più, in questo complicato scenario, entra quindi in gioco la capacità delle aziende di offrire qualcosa di vantaggioso, in grado di esercitare una forza attrattiva sia sul piano economico che del work-life balance personale dei dipendenti. Ed è esattamente per questo motivo che il welfare sta diventando un elemento ancor più centrale, se non identificativo, delle realtà aziendali di tutti i tipi.
In un Paese come l’Italia, dove secondo l’ultimo rapporto European Workforce Study 2025 il 40% dei lavoratori pensa di dimettersi dall’attuale impiego per cercare altro, con costi per l’azienda tra il 50% e il 150% dello stipendio annuo della persona uscente, il turnover è diventato un tema di sostenibilità economica, mentre il welfare si sta rivelando la chiave per ricostruire una nuova base relazionale tra imprese e persone” dichiara Anna Maria Mazzini, Marketing & Product Director di Pluxee Italia, azienda leader nel settore dei benefit aziendali e del coinvolgimento dei dipendenti.
Oggi, secondo dati interni di Pluxee, il 74% dei dipendenti fa attenzione ai benefit legati al welfare quando valuta una nuova opportunità di lavoro e predilige quelli che incidono positivamente sul bilancio familiare (58%). I vantaggi sono evidenti per entrambe le parti in gioco, in primis economicamente.
“Prendiamo ad esempio i buoni pasto, tra i benefit aziendali più diffusi e apprezzati, soprattutto in un contesto di inflazione e salari fermi. Grazie alla normativa vigente, le aziende possono aumentare il valore dei buoni digitali fino a 8 euro, interamente deducibili ed esentasse. Un passo che aiuterebbe a ridurre il divario tra l’attuale valore medio erogato (circa 6 euro) e il costo reale della pausa pranzo per i dipendenti, che varia dai 16,10 euro del Nord Est ai 13,30 del Sud Italia[footnoteRef:1]. Allo stesso modo, i buoni acquisto rispondono a esigenze diversificate dei lavoratori grazie alla possibilità di utilizzo in numerose categorie merceologiche. Anche in questo caso il vantaggio fiscale è rilevante: sono esentasse sia per l’azienda sia per il dipendente fino a 2.000 € per i lavoratori con figli a carico e fino a 1.000 € per tutti gli altri”, spiega Mazzini. [1: Ricerca condotta da BVA Doxa per Pluxee Italia su un campione di esercenti convenzionati in Italia, attraverso un invito ad un database di circa 14.000 esercenti in Italia]
Il welfarecrea benessere, facendo così la differenza a livello di engagement, di tempo dedicato e di produttività, oltre che nell’employer branding e nella capacità di talent acquisition e attraction. Lo confermano anche i dati in crescita di Confindustria che hanno visto nel 2024 la presenza del welfare nel 55,3% delle imprese associate.
“Un piano di welfare efficace dovrebbe basarsi su due pilastri: un’offerta costruita sul contesto aziendale, accessibile e al tempo stesso personalizzabile per le diverse generazioni, e una comunicazione trasparente che renda i dipendenti informati e autonomi”. – sottolinea Mazzini – “Attraverso il welfare, i recruiter devono essere in grado di rafforzare la propria employee value proposition, mirando a un obiettivo principale: offrire ai propri candidati un nuovo patto relazionale fondato sul benessere”.