ENEA e Università di Salerno hanno individuato tecnologie più efficienti per la pelatura industriale dei pomodori, in grado di abbattere i consumi di energia termica fino al 50%. La ricerca[1] è stata condotta in un’azienda in provincia di Salerno che lavora circa 60 mila tonnellate di pomodori all’anno e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Sustainabiliy. Si tratta di una valutazione comparativa degli impatti energetici, economici e ambientali tra i metodi di pelatura tradizionali[2] e tre tecnologie innovative[3] come infrarossi, ultrasuoni e riscaldamento ohmico[4].
“Nell’industria di trasformazione del pomodoro, le tecniche di pelatura più diffuse sono ancora quelle a vapore e con liscivia, apprezzate per la loro efficienza operativa e la facilità di utilizzo nei medi e grandi impianti”, spiega Giovanni Landi, ricercatore del Laboratorio ENEA Soluzioni integrate per l’efficienza energetica e coautore dello studio insieme alla collega Miriam Benedetti e a Gianpiero Pataro ed Elham Eslami del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno.
Sebbene la pelatura a vapore rappresenti un’alternativa più ecologica rispetto a quella chimica, può produrre frutti più molli, con minore consistenza e maggiore perdita di prodotto (15% rispetto al 13,6%). Inoltre, entrambi i metodi comportano un elevato consumo di energia e di acqua e generano ingenti volumi di acque reflue che, nel caso della pelatura chimica, sono anche inquinate.
“Per rispondere a queste criticità – prosegue Landi – la ricerca si sta orientando verso tecniche di pelatura innovative e sostenibili capaci di migliorare l’efficienza, la resa e la qualità del prodotto e ridurre al minimo sprechi e impatto ambientale. Le soluzioni che proponiamo in questo studio rappresentano valide alternative o ‘complementi’ alle tecniche tradizionali, aprendo la strada a una trasformazione dell’industria agroalimentare più efficiente e sostenibile”.
Dallo studio emerge che l’adozione dei nuovi metodi di pelatura migliora il grado di ‘pelabilità’ dei pomodori con un aumento della capacità produttiva (2,6-9,2%) e una riduzione dello scarto (16%-52%) rispetto alle tecniche tradizionali. Sul fronte ambientale la pelatura mediante tecnologia ad infrarosso (IR), detta anche “pelatura a secco”, risulta il metodo più ecocompatibile perché riduce l’uso di energia elettrica e termica, grazie alle radiazioni infrarosse che riscaldano rapidamente la superficie del prodotto, favorendo il distacco della buccia senza ricorrere all’uso di acqua o sostanze chimiche. Questo trattamento evita la produzione di acque reflue e risulta più veloce, meno dispendioso e con un ridotto spreco di pomodoro (9,8%).
“Nonostante i chiari vantaggi economici e ambientali derivanti dall’adozione delle nuove tecnologie di pelatura, persistono criticità legate al controllo di parametri fondamentali come la temperatura dell’emettitore IR, la distanza tra il prodotto e la sorgente di calore e il tempo di esposizione”, sottolinea Landi.
L’industria della trasformazione del pomodoro riveste un ruolo strategico nel settore agroalimentare a livello globale. Nel 2024, la produzione mondiale di pomodori lavorati ha raggiunto i 50,9 milioni di tonnellate, con Cina (11,5 milioni di tonnellate), Stati Uniti (11,3 milioni) e Italia (5,3 milioni) come principali produttori. Tra i derivati del pomodoro, il mercato globale dei pomodori pelati in scatola (interi, a cubetti) è stato valutato 4 miliardi di dollari nel 2022, con una previsione di crescita fino a 6,8 miliardi entro il 2032.
“In un mercato italiano e internazionale di queste dimensioni, i potenziali benefici derivanti dall’adozione di questi nuovi metodi di pelatura possono incentivare le aziende di trasformazione del pomodoro a valutare soluzioni tecnologiche più efficienti e sostenibili. Tuttavia, l’introduzione su scala industriale richiede un’attenta valutazione di costi iniziali, complessità operative e benefici nel lungo periodo. Per questo riteniamo che siano necessari ulteriori studi per ottimizzare tali tecnologie in ambito industriale, valutare la fattibilità tecnica ed economica di ciascuna soluzione, confrontarne i costi con i potenziali risparmi ottenibili e stimare i tempi di ritorno dell’investimento”, conclude Landi.
A cura di: Stefania Marconi – Ufficio Stampa e Relazione con i Media