\"\"Le Ferrovie dello Stato litigano in Grandi stazioni Spa, con i soci privati Benetton, Caltagirone e Pirelli, sui conti che non vanno bene e sui pesanti ritardi accumulati nella riqualificazione dei 13 più importanti scali ferroviari italiani, da Milano Centrale a Torino Porta Nuova, Firenze Santa Maria Novella, Napoli Centrale, Roma Termini e Bologna Centrale, oltre alcune altre all’estero.
 
E mentre solo a Milano Centrale si registra il ritardo di un anno sulla tabella di marcia dei lavori e lo sforamento abissale del budget (costi saliti a 120 milioni di euro, su un complessivo di 186 milioni inclusivo degli interventi su Napoli e Torino), giunge notizia dal Nuovo Mondo, in particolare dall’India, di un evento che al cospetto assume i caratteri del miracoloso.
 
La Delhi Metro Rail Corporation, guidata dal manager 74enne Elattuvalapil Sreedharan, ha portato a termine la realizzazione di una delle più grandi opere infrastrutturali del Paese, la metropolitana della capitale, completandola con largo anticipo rispetto al previsto e senza superare il budget di una sola rupia. Ben 65 chilometri di futuro underground, verrebbe da dire guardando la città vecchia in superficie, in pratica il primo lotto del progetto, sono stati ultimati in 7 anni e 3 mesi. Con 2 anni e 9 mesi di anticipo sulle previsioni.
 
Un risultato tanto più sorprendente perché raggiunto da una società controllata per metà dal Governo centrale e per metà dalle autorità locali di Delhi. A cui Sreedharan, quando 10 anni fa accettò di affrontare la sfida, chiese di non dover dar conto ad alcun ministro del proprio lavoro e carta bianca nella scelta dei fornitori migliori, senza badare alla nazionalità delle imprese e libero da vincoli di patria.
 
Oggi, con buona pace dei nostri manager super pagati e degli ambientalisti di traverso a prescindere, la metropolitana di Delhi sfreccia sotto questa immensa città  su materiale rotabile coreano, grazie al know how giapponese e a un performante sistema di segnaletica francese. Intanto a Roma Mauro Moretti, amministratore delegato di Fs, arranca tra gli scambi di nomine di un patto di sindacato e la tradotta chimerica dell’alta velocità.
di Antonio V. Gelormini

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