Se esistono due alimenti che difficilmente mancano sulle tavole degli Italiani, sono sicuramente il pane e la pasta. Tra i prodotti alla base della dieta mediterranea, da dieci anni Patrimonio Intangibile dell’Umanità, a pranzo o a cena almeno una volta al giorno consumiamo ormai abitualmente questi cibi.

Ma fino a 30 o 20 anni fa, per il costo maggiore in rapporto agli stipendi dell’epoca, non era assolutamente scontato trovarli nelle dispense. Se quel rapporto fosse rimasto lo stesso, oggi pane e pasta avrebbero un prezzo che difficilmente reputeremmo democratico e popolare.

Consultando gli archivi dell’Osservatorio Food, emerge che nel 1970 un chilo di pane costava 725 lire e la stessa quantità di pasta 850 lire. Nello stesso periodo un impiegato di terzo livello guadagnava 130 mila lire e una maestra 60 mila lire. Oggi il pane costa 2,5 euro (pari a circa 5.000 vecchie lire) e la pasta in promozione rimane sotto l’euro (per circa 2.000 lire). Un impiegato percepisce uno stipendio medio di 1.300 euro al mese (2,6 milioni di lire) e una maestra 1.600 euro (3,2 milioni di lire).

Dati alla mano, due proporzioni ci permettono di comprendere come, in rapporto agli stipendi attuali, questi alimenti siano diventati decisamente più accessibili. Tra i motivi che hanno permesso la maggiore circolazione di questi prodotti, secondo l’Osservatorio Food: la superiore efficienza della distribuzione moderna, il moltiplicarsi della concorrenza e la scomparsa dei cartelli sul mercato.