I dati dell’osservatorio: colpite le filiere ad alta esportazione come meccanica, farmaceutico, moda, vino e agroalimentare. Possibili perdite fino a 22 miliardi euro, con ripercussioni sui prezzi interni.
Roma– L’entrata in vigore, prevista per agosto, dei nuovi dazi statunitensi al 30 % su una vasta gamma di prodotti europei rischia di colpire duramente le filiere produttive italiane più esposte all’export verso gli Stati Uniti.
Lo rivela un’elaborazione di ReportAziende.it, condotta su dati Istat-Comext ed Eurostat aggiornati al 2024.
Secondo l’analisi, l’Italia esporta verso gli Usa oltre 70 miliardi di dollari all’anno (circa 63 miliardi di euro). Di questo volume, oltre 30 miliardi di euro sono riferibili ai comparti direttamente colpiti dai dazi. Le prime stime indicano che l’effetto immediato dell’applicazione della tariffa potrebbe tradursi in una perdita diretta fino a 9 miliardi di euro mentre considerando anche le conseguenze su filiere, marginalità, investimenti e consumi la forchetta complessiva stimata si colloca tra 18 e 22 miliardi di euro nel biennio 2025–2026.
Settori più vulnerabili
I settori maggiormente interessati comprendono il farmaceutico con circa il 18 % dell’export italiano di medicinali e preparazioni è diretto negli Usa (pari a 13,7 miliardi di dollari su 75 miliardi di dollari totali di settore), la meccanica generale con il 6,8 % del valore del comparto, l’automotive con il 5,5 % dell’export nazionale e il 14,7 % dell’export globale del settore, le macchine industriali con un’esposizione tra il 5,0 % e il 6,8 %, il vino e bevande con un 4,4 % dell’export italiano pari al 22,7 % dell’export mondiale di settore, la moda e la pelletteria con il 3,2 % dell’export nazionale e il 9,1 % di quello globale, i mobili e l’arredamento pari al 2,5 % dell’export italiano e al 14 % di quello globale, i metalli e l’acciaio con una quota di export verso Usa prossima al 7 %, l’elettronica medicale con il 2,6 % delle esportazioni mondiali di settore.
Impatto territoriale e occupazionale
La “mappa del rischio” di ReportAziende.it evidenzia un’incidenza più forte nel Nord Italia, dove si concentrano le produzioni verso gli Usa, in particolare Lombardia (Milano, Brescia, Mantova) pharma, meccanica, moda, formaggi; Emilia-Romagna (Parma, Modena, Reggio) agroalimentare Dop, automotive; Veneto (Treviso, Verona, Vicenza) occhialeria, vino, moda, salumi; Toscana (Firenze, Arezzo, Siena) vino Doc, moda, gioielleria; Piemonte (Torino, Cuneo) componentistica auto, meccanica di precisione, agroalimentare. Secondo le stime, il 75 % dell’impatto occupazionale si concentrerà nel Nord Italia, con una perdita potenziale tra 115.000 e 145.000 posti di lavoro a livello nazionale e oltre 25.000 posti a rischio in Emilia-Romagna.
Effetti sui prezzi interni
Le difficoltà a smaltire le scorte e l’aumento dei costi di produzione potrebbero tradursi in un +10 % medi dei prezzi al consumo nei settori colpiti, a partire dal primo trimestre 2026, in particolare per formaggi Dop, salumi e olio Evo, vini premium e Doc, abbigliamento e calzature di fascia medio-alta.
Cronoprogramma degli effetti
Agosto–settembre 2025: stock precauzionali e nuove trattative commerciali.
Quarto trimestre 2025: piena applicazione dei dazi con riduzione dei margini e cancellazioni di ordini.
2026: calo dei volumi fino al 40 % in agroalimentare, meccanica e moda; rischio di abbandono del mercato Usa da parte di molte Pmi.
Risposta europea
A livello europeo si valutano contromisure su whiskey, automotive e prodotti tech, insieme a strumenti straordinari di sostegno per le imprese.
“L’obiettivo non è creare allarmismo, ma fornire uno strumento tecnico per pianificare strategie di adattamento e supporto alle Pmi più esposte,” dichiara il team di Analisi Economico Finanziarie di ReportAziende.it.
L’indagine si basa sui dati ufficiali Istat, Comext ed Eurostat del biennio 2023–2024. Documento completo disponibile su richiesta per istituzioni, associazioni di categoria e media.