L’intelligenza artificiale coinvolge già oggi il 57% dei dipendenti pubblici italiani. Di questi, l’80% vive una situazione di complementarietà con tale tecnologia, mentre per un 12% esiste un rischio concreto di sostituzione (e l’8% si trova in una zona di incertezza). Il sentiment degli utenti relativo all’introduzione di questa tecnologia all’interno della pubblica amministrazione – che si basa su un monitoraggio di 20.000 menzioni nell’ultimo anno – è generalmente positivo: il 45% dei commenti che si trova su social media, forum, blog e news online riflettono infatti una percezione ottimista, che vede nell’IA uno strumento di semplificazione, supporto e modernizzazione. Solo il 20% riscontra un sentiment negativo e riguarda la questione della privacy e della sicurezza dei dati, giudicando l’IA troppo invasiva rispetto all’uso di dati personali, per cui ci sarebbe un rischio reale di sorveglianza e abuso delle informazioni. Questo emerge da una rielaborazione Bigda, società di consulenza che offre servizi avanzati di analisi dei dati, analytics e ricerche di mercato attraverso tecnologie di big data e intelligenza artificiale, per FLP, il sindacato dei lavoratori pubblici e delle pubbliche funzioni, che è stata presentata oggi durante l’evento Utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle PA: come cambiano l’organizzazione del lavoro, le forme e le modalità di rappresentanza promosso da FLP.
L’impatto dell’IA sulla PA. Secondo l’analisi Bigda su dati FPA Data Insight, su circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani, il 57% del totale (1,85 milioni) risulta altamente coinvolto dall’introduzione di sistemi di Intelligenza Artificiale, sul 28% ha un impatto moderato mentre il restante 15% è influenzato minimamente o per nulla da questa tecnologia. La complementarità tra IA e lavoro umano è più accentuata nell’istruzione e nella ricerca (91,9%) e nel personale soggetto a diritto pubblico (79,7%), mentre nel settore sanitario la massima sinergia riguarda solo il 41,6% dei dipendenti. Il rischio di sostituzione tecnologica, sebbene riguardi complessivamente meno del 12% dei dipendenti pubblici, è più significativo nelle funzioni centrali (47,4%) e locali (23,8%).
IA nella PA: complementarietà o sostituzione? Rispetto ai dipendenti più esposti all’uso della PA, quindi il 57% del totale, l’effetto principale generato è quello della complementarità piuttosto che della sostituzione. L’80% (quasi 1,5 milioni di lavoratori), secondo l’analisi Bigda su dati FPA Data Insight, può beneficiare dell’integrazione delle tecnologie di IA con la propria attività, valorizzando le sinergie tra competenze umane e tecnologie avanzate. Tuttavia, per il 12% dei dipendenti altamente coinvolti (circa 218 mila lavoratori), esiste un rischio concreto di sostituzione da parte delle nuove tecnologie, soprattutto nelle professioni caratterizzate da mansioni ripetitive e poco specializzate. Un ulteriore 8% dei lavoratori (circa 154 mila) si trova in un’area di incertezza, dove le dinamiche tra lavoro umano e IA sono ancora poco chiare. In questo gruppo figurano professioni cruciali, ad esempio nel settore sanitario e diplomatico, per le quali è fondamentale approfondire ulteriormente le implicazioni dell’IA per valorizzarne i benefici senza compromettere la qualità dei servizi. “Le mansioni più ripetitive della PA non sopravviveranno all’avvento dell’IA – dice Marco Carlomagno, segretario generale di FLP – ma questo non è un male e non significa necessariamente che i dipendenti che svolgono questo tipo di mansioni perderanno il proprio posto di lavoro. C’è bisogno però di interventi urgenti di aggiornamento professionale (upskilling e reskilling) per prevenire l’obsolescenza delle competenze e garantire così continuità occupazionale. È necessaria una nuova formazione perché per una serie di mansioni che vanno scomparendo, ce ne sono altre che si vanno creando: penso ad esempio a quelle relative ai social media manager e ai digital media manager. Non dobbiamo andarli a cercare fuori dalla PA, ma dobbiamo trovarli dentro e formarli. È la formazione la chiave per non paralizzare la PA”.
IA nella PA: obiettivi. Ma quali sono gli obiettivi principali che l’IA dovrebbe raggiungere nella Pubblica Amministrazione secondo i dipendenti della PA? Al primo posto c’è il desiderio di migliorare l’efficienza operativa delle strutture amministrative (42%). Segue il potenziamento delle capacità di gestione e analisi dei dati (24%). Un altro obiettivo rilevante riguarda il miglioramento dell’accessibilità ai servizi pubblici per cittadini e imprese (18%).
IA nella PA: il sentiment. E se questo è lo sguardo all’interno delle strutture della PA, l’analisi Bigda mostra anche il sentiment degli utenti, grazie al monitoraggio di 20.000 menzioni online tra social media, forum, blog e news raccolte negli ultimi 12 mesi. Emerge che quasi il 50% delle menzioni mostra una percezione positiva e ottimista dell’IA nella PA, giudicando questa tecnologia come strumento di semplificazione, supporto e modernizzazione. Il 35% disegna un sentiment neutro, evidenziando utenti curiosi ma cauti, spesso in attesa di risultati tangibili. Il 20%, invece, mostra un sentiment negativo con utenti preoccupati su privacy, sicurezza e impatto occupazionale.
IA, l’opinione pubblica è divisa. Bene i chatbot, male la privacy. Sebbene il sentiment sia per lo più positivo, l’opinione pubblica si divide su alcuni dei temi principali che riguardano l’IA nella pubblica amministrazione. Se, infatti, su questioni come automazione e semplificazione dei processi – con chatbot, assistenti virtuali ma anche user experience e accessibilità ai servizi – il sentiment degli utenti che ha parlato è per lo più positivo – 60% nel primo caso e 50% nell’altro – è sulla questione della privacy e sicurezza dei dati, che invece, troviamo un sentiment più negativo: il 50% di chi ne ha di chi ha commentato sul tema pensa ci sia un rischio reale di sorveglianza, abuso delle informazioni e violazione della privacy. Sull’impatto rispetto a occupazione e mercato del lavoro, invece, c’è omogeneità tra chi pensa che l’IA possa valorizzare il lavoro e chi pensa che possa far perdere posti.