Teatro_MercadanteQualche giorno fa mi trovavo insieme ad un amico dinanzi ad uno dei teatri storici di Napoli. Guardandolo, mi ha detto: – Questo teatro è stato ristrutturato grazie ai soldi di un prozio di mia madre, che per esso ha dilapidato tutta la sua fortuna!-  

Gli ho risposto: – Bello! Avevi un prozio mecenate dell’arte!-  

Mi ha detto: – No! Correva solo dietro alle ballerine e per esse avrebbe fatto qualunque cosa!-

Questo racconto mi ha fatto sorridere e mi ha fatto pensare a quanto frequentemente facciamo l’errore di sottovalutare la ricerca delle motivazioni che possono spingere al dono. Quando ci avviciniamo ad un donatore con un nostro progetto spesso ci rapportiamo a lui sostenendo solo le nostre motivazioni al dono. Pensiamo, ad esempio, alla nostra piccola organizzazione di volontariato quando si rivolge ad una azienda del suo territorio: difficilmente ci interroghiamo su quali possano essere le cose che realmente interessano quell’imprenditore, piuttosto tentiamo di far leva su quelle che noi riteniamo giuste motivazioni al dono. Solo che poi capita che, per quanto le nostre motivazioni siano accompagnate da una nutrita e sana dose di giuste esortazioni al dono, la nostra richiesta si infrange facilmente con la drasticità del marketing aziendale o più semplicemente col disinteresse del nostro interlocutore. Dianzi ad un diniego però non sempre ci fermiamo a riflettere sulle motivazioni di quel no e soprattutto sul modo e sul tempo della nostra richiesta.

La ricerca delle motivazioni che portano al dono deve essere tanto più spinta e accurata soprattutto quando immaginiamo di trovarci dinanzi ad un potenziale grande donatore. Magari sappiamo che è una persona facoltosa e questo ci basta per dare per scontato che per esso sia facile essere generoso. L’avo di questo mio amico era un nobile, molto ricco. Tuttavia le motivazioni che lo hanno spinto a fare donazioni cospicue per quel bene culturale della sua città non sono state né la generosità, né il senso civico, né uno sgravio fiscale (come potremmo essere portati ad immaginare oggi!) ma solo una sua personale debolezza per il genere femminile che lo portava a corteggiare le ballerine di quel teatro!

E dunque quali possono essere le soluzioni? Secondo me un buon fundraiser prima ancora di essere uno bravo a parlare, a presentare un progetto, a raccontare una storia, deve essere bravo ad ascoltare, ad analizzare i comportamenti e gli stili di vita. Per questo motivo il consiglio che do sempre è innanzitutto di avere un data base che vada oltre i dati anagrafici e i recapiti ma nel quale si provi ad accumulare informazioni utili ad analizzare il donatore, a conoscerlo, a tenere memoria dei suoi comportamenti donativi. Inoltre è indispensabile cercare di instaurare dei rapporti personali che ci portino a dei momenti di ascolto del donatore, che ci permettano di capire cosa lo rende felice e cosa noi, con il nostro progetto, con la nostra organizzazione, possiamo fare per lui e per quella felicità.

Questo richiede tempo e soprattutto non sempre questo tipo di approccio si coniuga con i tempi del nostro bisogno economico. Ecco allora che il fundraising, inteso come insieme di azioni strategiche di medio e lungo termine, può aiutarci ad impostare il giusto modo di approcciarci a dei possibili donatori. Probabilmente all’inizio non sarà semplice e faremo degli errori che non porteranno i frutti sperati, ma col tempo le cose cambieranno poiché riusciremo ad essere sempre più in sintonia con quella persona e a sollecitare le giuste emozioni per far sì che egli possa fare una nuova donazione. È un processo lento che prevede da parte nostra e della nostra organizzazione una grande capacità di apertura, poiché man mano che entreremo in contatto profondo con i nostri donatori questi ci chiederanno di più, saranno più presenti ed anche più propositivi e noi dovremo essere preparati ad accoglierli.

Infine comprendere le motivazioni che spingono un donatore ad aderire al nostro progetto, sembrerà strano, ci aiuterà a comprende meglio il progetto stesso poiché inizieremo a vederne delle sfumature alle quali magari non avevamo pensato prima.

Dunque riflettiamo su questo nobile napoletano che dilapidò il suo patrimonio per amore delle ballerine poiché questo suo dono, giunto per una strana via, ha permesso la realizzazione di un grande progetto in ambito culturale. E ricordiamo sempre che: le strade che portano al dono sono infinite!

Valeria Romanelli

R&Rconsulting