Oltre 1 azienda su 2 (54,7%) ha un approccio passivo o solo compliant rispetto alla Direttiva.

La cultura organizzativa fa la differenza nell’equità e trasparenza delle politiche retributive.

Una gestione equa e trasparente impatta sull’engagement e sull’attraction delle persone.

Milano – A meno di sei mesi dalla scadenza prevista dalla Direttiva UE 2023/970 sull’equità e la trasparenza retributiva, le aziende italiane sono lontane da una piena maturità sui temi di monitoraggio, equità e trasparenza. Secondo un’analisi di ODM Consulting su oltre 1000 aziende il livello di readiness risulta basso, pari a 2,6 in una scala da 1 a 41.

“Questo ritardo è significativo se consideriamo il contesto nazionale, dove il Gender Pay Gap medio è pari al -10,4%, in linea con il dato dello scorso anno – commenta Miriam Quarti, Responsabile dell’area Reward & Engagement di ODM Consulting – Spesso alle aziende manca una piena consapevolezza dell’esistenza del fenomeno e la normativa interviene proprio per spingerle ad analizzarlo in modo strutturato. Conoscere e analizzare il fenomeno porta, infatti, a una presa di coscienza, che di per sé è già un grande valore aggiunto, e costituisce un primo passo per affrontare una questione strutturale: le donne costituiscono circa il 51% della popolazione in età lavorativa, ma solo il 42% degli occupati.”

Approcci alla Direttiva: oltre la metà delle aziende è passiva o solo compliant

Dallo studio emerge che oltre una azienda su due (54,7%) ha un approccio passivo o solo compliant rispetto alla Direttiva UE 2023/970. Il 30,5% delle aziende adotta un approccio passivo, caratterizzato dall’assenza di azioni concrete e da una percezione della Direttiva come poco chiara o non prioritaria, rimandando le decisioni in attesa del decreto attuativo. Accanto a queste, il 24% delle aziende adotta un approccio tattico, focalizzato principalmente sul rispetto della normativa e sull’adempimento di quanto sarà previsto dal decreto attuativo, per garantire la conformità formale agli obblighi di trasparenza ed evitare sanzioni.

Una percentuale più ampia, pari al 39,5%, si colloca invece in un approccio in evoluzione, che integra gli interventi previsti dalla Direttiva con finalità legate alla brand reputation e all’employee value proposition, con focus su un concetto più ampio di equità e di parità di genere dove il gender pay gap è solo uno dei kpi da monitorare.  Solo il 5,9% delle aziende ha un approccio sostenibile, in cui la Direttiva è parte di un processo di cambiamento culturale e organizzativo più ampio, orientato alla sostenibilità, all’equità e all’inclusione.

Cultura organizzativa: il fattore distintivo

Dall’analisi emerge che la cultura organizzativa pesa più della dimensione aziendale nel garantire politiche retributive eque e trasparenti. Le aziende che adottano un approccio più strategico, che dispongono di politiche HR strutturate e inclusive e che sono attente alle best practice di mercato (benchmark) registrano infatti livelli di readiness più elevati.

La dimensione aziendale incide, anche se in misura minore: le grandi organizzazioni spesso possiedono maggiori risorse per introdurre strumenti che garantiscono equità. Area geografica e settore, invece, influenzano marginalmente il livello di readiness.

Monitoraggio, equità e trasparenza: i principali gap

Se guardiamo il livello di readiness dettagliando le leve e gli strumenti analizzati per ciascun criterio di analisi – Monitoraggio, Equità e Trasparenza – il gap più elevato riguarda il monitoraggio. In molte aziende mancano ancora strumenti e processi strutturati per misurare i KPI previsti dalla Direttiva, come il gender pay gap. Per quanto riguarda la trasparenza, le criticità principali riguardano:

  • la richiesta della retribuzione al candidato che la Direttiva vieta
  • l’accesso alle informazioni sulla retribuzione media per stesso ruolo o ruolo di pari valore e per genere
  • l’accessibilità ai criteri che definiscono il pacchetto retributivo e la progressione economica

Equità e trasparenza come leve di engagement e attraction

Costruire una cultura retributiva basata su equità e trasparenza non risponde solo a esigenze normative e reputazionali, ma incide direttamente sulla motivazione, sull’engagement e sulla fidelizzazione dei dipendenti, soprattutto tra i più giovani.

Figura 1 Studio “People Engagement: Laboratorio Permanente” di ODM Consulting

Secondo lo studio “People Engagement: Laboratorio Permanente” di ODM Consulting2la retribuzione rappresenta la leva principale del Total Reward, ma ambiente di lavoro, welfare e sviluppo stanno assumendo un peso crescente. Analizzando quattro specifici cluster (due per generazione e quelli di genere), vediamo che:

  • Il peso attribuito alla retribuzione aumenta con l’età
  • l’ambiente di lavoro è la leva con peso più alto per le donne
  • lo sviluppo è più importante per le generazioni più giovani, in modo simile per uomini e donne
  • il welfare si attesta intorno al 15% ed è percepito come leva più flessibile, normata e trasparente

Dalle rilevazioni emerge che il 51% dei lavoratori ritiene che nella propria azienda non esistano strumenti in grado di gestire in modo equo la ricompensa, la crescita e lo sviluppo. Le donne esprimono una percezione più critica rispetto agli uomini. Inoltre, circa il 40% delle persone sta valutando la possibilità di cambiare lavoro, percentuale che sale al 50% tra i più giovani. Tuttavia, nelle aziende dove il livello di equità è percepito come positivo, la quota di giovani che cercano attivamente un nuovo lavoro scende al 23,8%. In questo scenario, l’equità retributiva è una buona pratica e una condizione necessaria per attrarre, motivare e trattenere i talenti.

Il gender pay gap

L’analisi delle retribuzioni per genere3 di ODM Consulting mostra che gli uomini percepiscono retribuzioni mediamente superiori a quelle delle donne in tutte le categorie di inquadramento.

F M GPG
Dirigenti 110.249 € 123.322 € -10,6%
Quadri 62.699 € 66.513 € -5,7%
Impiegati 34.187 € 37.969 € -10,0%
Operai 27.153 € 30.975 € -12,3%
Generale 34.509 € 38.502 € -10,4%

In Italia, il Gender Pay Gap è pari al –10,4%, con il divario più elevato tra gli Operai (–12,3%), seguiti dai Dirigenti (–10,6%) e dagli Impiegati (–10%). Il gap risulta più contenuto tra i Quadri (–5,7%). Nelle società quotate, grazie all’applicazione della Legge n. 160/2019, la presenza femminile nei Consigli di Amministrazione si attesta intorno al 43% in linea con gli anni precedenti. Nonostante i progressi, le donne restano sottorappresentate nel mercato del lavoro e prevalentemente impiegate in aree funzionali di staff. E questo è quanto si riscontra anche ai vertici: solo il 2,2% ricopre la carica di Amministratrice Delegata e solo il 3,5% quella di Presidente del CdA. Analizzando le remunerazioni degli Amministratori Delegati per genere, in linea con quanto emerso lo scorso anno, una volta raggiunta la posizione apicale, non sussistono differenze nella definizione del pacchetto remunerativo di questo ruolo (GPG pari a 1,3%).

“La Direttiva UE 2023/970 è oggi poco conosciuta e non sempre considerata nella giusta misura. Dalla nostra survey emergono quattro diversi approcci con cui le aziende si stanno avvicinando ai temi di equità e trasparenza retributiva e, in questo percorso, i fattori organizzativi e culturali fanno la differenza: le pratiche più evolute, come includere indici dettagliati di Equità, Trasparenza e Inclusione nel bilancio sociale  e renderli condivisi all’interno dell’azienda, ottenere la certificazione UNI PdR 125 e confrontarsi con le best practice di mercato, restano ancora troppo poco diffuse e chi le adotta si differenzia sul mercato – conclude Quarti – Letta come un’opportunità e non solo come un adempimento burocratico, la Direttiva può diventare uno strumento per migliorare l’organizzazione, attrarre talenti e rispondere meglio ai bisogni delle personeIn questo contesto il ruolo del leader è cruciale, è chiamato a promuovere una cultura aziendale fondata sull’equità e sulla trasparenza contribuendo attivamente al cambiamento culturale e alla creazione di un ambiente di sicurezza psicologica basato su una leadership più inclusiva.”