Entro giugno 2026 migliaia di aziende italiane, in particolare quelle del settore pubblico e privato con almeno 250 dipendenti, saranno chiamate a gestire la Direttiva Europea 2023/970 sul divario retributivo di genere, fornendo dati in formato aggregato. Sarà, quindi, necessario disporre di dati oggettivi correlati al reale valore del lavoro svolto nelle organizzazioni. Il tema non riguarderà solo la volontà di adeguarsi alla normativa, ma l’assenza di infrastrutture HR in grado di farlo in modo scientifico, oggettivo e verificabile.

Un cambio di paradigma, non solo un obbligo normativo

 

La Direttiva introduce una logica precisa da dover rispettare: viene indicato che “[…] i criteri oggettivi da usare dovrebbero includere quattro fattori: le competenze, l’impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro […]” al fine di identificare una retribuzione omogenea. Per questo amplia il concetto di trasparenza, estendendolo non solo al processo di selezione e assunzione – dove le fasce retributive devono essere comunicate in anticipo e non è più possibile chiedere ai candidati il loro precedente salario – ma anche alla gestione del rapporto di lavoro. Il principio riguarda l’intera struttura della retribuzione: non solo lo stipendio, ma anche bonus, premi variabili, indennità, benefit. Tutto deve essere motivato attraverso criteri neutrali.

 

Questo cambio di paradigma richiede un’infrastruttura HR che oggi, in buona parte delle aziende, non esiste. Secondo Peoplelink, società del Gruppo Sistemi, il problema non è la volontà delle imprese, ma l’assenza di sistemi che consentano di confrontare in modo strutturato e completo competenze, responsabilità, performance e anzianità. “Molte aziende non sono pronte, e non per mancanza di volontà”, afferma Fabrizio Chiagano, HCM Tech Lead di Peoplelink. “È una questione di gap tecnologico: come dimostrare che due persone sono pagate equamente se non si dispone di dati strutturati su competenze, responsabilità e valutazioni nel tempo?”

Il nodo tecnologico: dalla teoria alla pratica

 

L’equità retributiva non può essere valutata tramite percezioni soggettive né tantomeno essere ridotta ad una pura classificazione. Se due persone hanno la stessa qualifica, ma una ha gestito progetti più complessi, possiede certificazioni aggiuntive e presenta performance migliori negli ultimi anni, allora una differenza retributiva è spiegabile e dovuta. Ma ciò è possibile solo se l’azienda dispone di informazioni raccolte e organizzate in modo coerente. “Il divario esiste”, aggiunge Tiziano Bertolotti, CEO Peoplelink “ma deve essere commisurato alla differenza di fattori oggettivi. Avere una base dati e dashboard che restituiscono overview precise dell’organizzazione non è un peso amministrativo ma leva strategica.”

“I professionisti, in particolare le nuove generazioni, valutano con crescente attenzione le politiche di equità e inclusione delle organizzazioni. Poter dimostrare trasparenza attraverso dati verificabili rafforza la capacità di attrarre e fidelizzare talenti. “Ma questo richiede l’utilizzo di soluzioni HR adeguate” continua Bertolotti.

 

Per rispondere a questa esigenza Peoplelink, ha sviluppato VISTA, una piattaforma HCM progettata proprio per supportare le aziende a centralizzare e correlare informazioni su competenze, responsabilità organizzative, anzianità di servizio, percorsi formativi e risultati delle valutazioni periodiche.

 

Peoplelink ha già introdotto VISTA in centinaia di aziende italiane, migliorando la gestione strategica del capitale umano. Il vero cambiamento non nasce dall’adempimento, ma dalla capacità di trasformare la trasparenza in valore.