Agli Istituti Filippin di Pieve del Grappa il convegno “Ripara la mia casa” riunisce architetti, urbanisti e dirigenti scolastici per riflettere sul futuro degli immobili ecclesiastici. Un incontro per trasformare il disuso in opportunità, è tra i primi di questo genere in Italia. La ricerca: sono quasi cinquecento gli immobili conosciuti nella Diocesi di Treviso, ma molti di più quelli da rivelare
La Chiesa è chiamata oggi a rileggere il proprio patrimonio non solo come insieme di edifici, ma come rete di relazioni, opportunità e responsabilità condivise. Da questa consapevolezza nasce il convegno “La Chiesa tra welfare, partecipazione e innovazione sociale”, in programma agli Istituti Filippin di Pieve del Grappa, nel Trevigiano, il prossimo 13 novembre curato da Anna Manea, dottoranda all’Università Iuav di Venezia, con la collaborazione di 593 Studio, società di ingegneria, e gli Istituti Paritari Filippin.
L’appuntamento intende affrontare il tema cruciale del futuro socio-urbano dei beni ecclesiastici in Italia, proponendo la progettazione partecipata come metodo etico e pastorale per restituire vita agli spazi della fede. È una delle prime volte che in Italia si organizza un evento di questo genere facendo una lettura critica del riuso e proponendo la progettazione partecipata in cui le voci di accademici, che studiano questo fenomeno, si uniscono quelle dei professionisti e dei protagonisti di chi agisce e vive concretamente questi spazi.
«Dal censimento elaborato dalla CEI, emergono 499 beni culturali architettonici censiti nella Diocesi di Treviso», dichiara Anna Manea, curatrice del convegno e dottoranda di ricerca per l’Università Iuav di Venezia. «Gli immobili censiti nella Diocesi di Treviso sono nella quasi totalità edifici di culto. Secondo quanto rilevato dalla mia ricerca, condotta nell’ambito di un dottorato co-finanziato da 593 Studio e dagli Istituti Filippin, fino ad ora, gli edifici di culto corrispondono a circa il 20%. Il rimanente è invece composto da oratori, strutture parrocchiali, campi sportivi, spazi di aggregazione. Questo dovrebbe far ragionare sul fatto che, per iniziare a intraprendere nuovi cammini, sia necessario partire da un’analisi molto più chiara di quali spazi siano effettivamente a capo degli enti ecclesiastici e religiosi. Prendere l’occasione di ricostruire questo quadro con le comunità che vivono il territorio, che è quello che stiamo facendo, diventa il punto di partenza anche per ripensare il futuro in modo condiviso».
Queste considerazioni e dati preliminari mostrano l’urgenza di un approccio nuovo e condiviso, capace di coinvolgere parrocchie, diocesi e congregazioni religiose. Solo attraverso un processo condiviso è possibile restituire senso e funzione a questi luoghi – questo il messaggio centrale del convegno – trasformandoli da spazi in attesa a spazi di accoglienza, welfare e innovazione sociale.
Tra i relatori figurano Luigi Bartolomei, Francesca Giani, Claudia Manenti, Maria Chiara Tosi e Tommaso Zorzi, studiosi e professionisti che porteranno esperienze di ricerca e progettualità concrete sui temi dell’architettura sacra, dell’urbanistica e del welfare comunitario. Il convegno ha il contributo di Banca delle Terre Venete e il patrocinio della Diocesi di Treviso, della Facoltà Teologica del Triveneto, del Comune di Pieve del Grappa e di istituzioni accademiche e territoriali e sarà anche occasione per presentare casi di rigenerazione di beni ecclesiastici trasformati in spazi di accoglienza, cultura e solidarietà. Tra gli enti che hanno patrocinato iniziativa anche Centro Studi Cherubino Ghirardacci, Fondazione Centro studi per l’architettura sacra “Cardinale Giacomo Lercaro” ETS, Comune di Pieve del Grappa, Ordine degli Architetti PPC della provincia di Treviso, IPA Terre di Asolo e Monte Grappa e Riserva della Biosfera Monte Grappa.
«Gli immobili della Chiesa – afferma Michele Sbrissa, Ceo di 593 Studio – non sono soltanto luoghi fisici, ma parti vive di un tessuto comunitario. Ripensarli insieme, attraverso percorsi di co-progettazione e inclusione, significa restituire loro un’anima sociale e spirituale. È un atto di responsabilità verso le persone e verso la storia dei luoghi».
«Un approccio che trova piena sintonia con la visione educativa e valoriale degli Istituti Filippin», spiega Sileno Rampado, dirigente scolastico del La Salle Campus. «La progettazione partecipata è una forma di educazione civica e spirituale. Coinvolgere le comunità nella trasformazione degli spazi ecclesiastici significa costruire cultura, creare dialogo e rispondere ai bisogni reali del territorio. È un modo per coniugare etica, fede e innovazione».
LA CASE HISTORY: LE OTTO PARROCCHIE DI MOGLIANO
Tra i casi più interessanti sui quali sta lavorando 593 Studio, il percorso partecipativo promosso a Mogliano dalla Collaborazione Pastorale, l’istituzione che riunisce le otto parrocchie del territorio comunale appartenenti alla Diocesi di Treviso. Parroci e consigli pastorali hanno avviato un lavoro di analisi sugli immobili parrocchiali esistenti per comprenderne il valore e immaginare funzioni nuove, a partire dai bisogni espressi dalle comunità locali. Sono stati programmati laboratori di co-progettazione aperti a cittadini e cittadine, per sviluppare idee concrete sugli spazi parrocchiali. È ancora visitabile un’esposizione allestita all’Abbazia benedettina di Mogliano con i materiali prodotti in un anno di percorso.
Dal percorso partecipativo, che unisce comunità, professionisti e ricerca accademica, emerge una fotografia sorprendente e molto più articolata del patrimonio ecclesiastico rispetto a quanto comunemente percepito, sono numeri che probabilmente rispecchiano andamenti simili nella maggior parte delle parrocchie della regione Veneto. Nel complesso, questi dati mostrano come la maggior parte del patrimonio ecclesiastico non sia legata al culto in senso stretto, ma a funzioni sociali e comunitarie.
Infatti, nel caso specifico di Mogliano, solo il 19% degli immobili censiti sono edifici di culto — chiese e sagrati — mentre la parte più consistente del patrimonio riguarda spazi con funzioni sociali, educative e di comunità. Le canoniche rappresentano il 17% del totale, seguite dalle strutture parrocchiali (oratori e centri comunitari), anch’esse pari al 17%. Un ulteriore 15% è costituito da strutture per attività sportive, come campi da gioco e impianti di supporto, segno del forte legame tra la Chiesa locale e la dimensione aggregativa del territorio. Non meno rilevante è la quota del 10% di spazi esterni — campetti, parchi, aree attrezzate, parcheggi e campi agricoli — che evidenzia come una parte significativa del patrimonio sia costituita da aree aperte, potenzialmente utili per iniziative di comunità e progetti di rigenerazione verde. Completano il quadro il 10% di strutture residenziali, il 5% di strutture educative e il 2% dedicate alle attività culturali. Infine, un 5% è composto da altri edifici, tra cui abbazie e centri pastorali.
Oltre ai dati quantitativi, la fotografia scattata durante il processo, analizza le relazioni esistenti tra i gruppi e tra le persone che utilizzano gli spazi delle otto parrocchie. Questo diventa importante considerando che il numero dei clerici, come analizzato dalle statistiche provenienti dallo Stato Vaticano e sintetizzate da L’Osservatore Romano, è in continua diminuzione così come la loro presenza su territori. Individuare quali reti relazionali è strategico per capire come le parrocchie più piccole e periferiche, che più soffrono i processi di disuso, siano sorrette e supportate da una rete più ampia di relazioni. Come questo, sono stati studiati anche altri aspetti importanti per iniziare a sviluppare scenari futuri come quelli di criticità e potenzialità degli spazi, l’uso che se ne fa, e il grado di affezione a determinati luoghi. Questo ultimo punto è fondamentale per coprogettare, in quanto sono gli spazi a cui la comunità è più affezionata che diventano quelli con più alte potenzialità o che generano conflitto all’interno del percorso.
Per concludere con la descrizione del processo di Mogliano, sono state anche sviluppate le prime idee progettuali della comunità. Queste hanno avuto sia una visione strategica per tutto il territorio, altre hanno riguardato invece strutture specifiche. I temi principali emersi riguardano la necessità di prendere delle scelte ed identificare quali siano le strutture di cui le comunità hanno veramente bisogno e utilizzarle in condivisione con tutta la cittadinanza facendole diventare un punto di riferimento non solo per le comunità parrocchiali, ma per chiunque viva e operi nel territorio.

