di Marco Merlo Campioni, CEO di save NRG

 

A novembre si è svolta in Egitto la ventisettesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Cop 27) con oltre 125 partecipanti, tra capi di Stato e di governo, oltre a un corpo di diplomatici provenienti da 200 Paesi e 40mila esponenti di Ong, società civile, scienziati, difensori dei diritti e settore privato. Tra i temi di quest’anno: verificare l’avanzamento di quanto deciso nella Cop 26 per mantenere l’aumento del riscaldamento globale a 1,5°C, accelerare il percorso verso la riduzione delle emissioni e individuare lo strumento più adatto per aiutare i paesi più esposti ai danni causati dal cambiamento climatico.

La Cop 26 di Glasgow ha lasciato, in eredità, un documento finale in cui tutti gli stati firmatari si erano impegnati a raggiungere l’obiettivo minimo di decarbonizzazione: un taglio del 45% delle emissioni di anidride carbonica al 2030 rispetto al 2010 e zero emissioni nette intorno alla metà del secolo,  taglio drastico degli altri gas serra (metano e protossido di azoto), seguito dalla ridefinizione dei  nuovi obiettivi di decarbonizzazione attraverso l’aggiornamento degli Ndc entro la fine del 2022. La conferenza aveva poi deciso che i paesi coinvolti nell’accordo si impegnassero attivamente per favorire la decarbonizzazione bloccando i sussidi alle fonti fossili e prevedendo un sistema di finanziamento per la lotta contro il cambiamento climatico.  Una serie di impegni importanti che sono stati ripresi nella Cop 27 di Sharm el-Sheik.

L ‘evento globale organizzato dalle Nazioni Unite ha evidenziato, da subito, le criticità afferenti al tema della crisi climatica, inasprite anche dall’assenza di nazioni come Cina, India e Russia, grandi produttori di emissioni di CO2 rilasciate in atmosfera.

 

Il tema più dibattuto, che ha determinato un ritardo nella chiusura dei tavoli di lavoro, è sempre quello relativo agli indennizzi per i paesi più sottoposti ai danni dovuti al cambiamento climatico: alla fine della Conferenza si è deciso di costituire un fondo mondiale, denominato Loss and Damage, per risarcire i Paesi più esposti al climate change e ai suoi danni ambientali.

Effetti che si fanno sentire, con ripercussioni economiche devastanti, anche su scala globale: in Italia, ad esempio, si è registrata un’anomalia termica di +0,23°C rispetto alla media degli ultimi trent’anni che ha determinato un periodo di siccità intenso a scapito di diversi settori economici. Dalla filiera agroalimentare, alle attività di produzione di energia idroelettrica, è ormai evidente quanto l’incidenza dei cambiamenti climatici influenzi negativamente le economie mondiali sfavorendo la crescita economica e produttiva.

 

Nonostante le buone intenzioni, corroborate dai dati di realtà sugli effetti del climate change, durante la COP-27, non si è siglato nessun impegno concreto per ridurre l’emissione in atmosfera dei gas serra, al fine di evitare il superamento della soglia di 1,5°C di aumento della temperatura media. Il testo finale contiene, infatti, solamente un “invito” a mitigare le emissioni del 45% entro il 2030. Va detto che – come affermano diversi esponenti della comunità scientifica – ormai abbiamo accumulato un ritardo tale per cui questo obiettivo potrebbe essere, ormai, fuori dalla nostra portata.

 

A rendere ancora più complesso il dibattito nell’ultimo anno, c’è stato il conflitto ucraino che ha indotto molti Paesi ad adottare un piano d’emergenza per provvedere alla propria indipendenza energetica, determinando, in alcuni casi, la riapertura di centrali a carbone. La dipendenza dai combustibili fossili e, di fatto, da Paesi esterni come la Russia, ha messo, infatti, a rischio le economie dei Paesi membri dell’UE, con ripercussioni negative sul sistema industriale e un rallentamento della crescita del PIL, determinando una contrazione economica rilevante.

 

La sicurezza energetica dell’UE

 

Proprio per questo, l’Unione europea, con il documento Comunicazione su Emergenza energetica – preparare, acquistare e proteggere l’UE insieme, ha predisposto tre misure essenziali per affrontare la crisi energetica e ridurre la dipendenza dai Paesi esteri:

  • aggregare la domanda dell’UE per l’acquisto in comune del gas così da negoziare i prezzi migliori evitando che gli Stati membri entrino in concorrenza tra loro;

  • avviare la creazione di un nuovo valore di riferimento per il prezzo del Gnl;

  • introduzione di nuove regole di solidarietà tra gli Stati membri estendendo l’obbligo di solidarietà, in caso di carenze di approvvigionamento, anche agli Stati membri privi di collegamenti diretti mediante gasdotti.

L’insieme delle soluzioni proposte renderanno più stabili i mercati europei del gas anche nei prossimi anni.

UE: La digitalizzazione del sistema energetico

Altro fronte su cui l’UE ha lavorato per contrastare il rincaro dei costi riguarda la digitalizzazione del sistema energetico, con lo sviluppo di un piano che ha l’obiettivo di supportare un mercato sostenibile, trasparente, (cyber)sicuro e competitivo per i servizi energetici computerizzati, tutelando la privacy dei dati e sostenendo gli investimenti nelle infrastrutture energetiche digitali. Tale piano è stato sviluppato partendo dall’assunto che l’empowerment dei consumatori sia fondamentale per coinvolgere i cittadini nel processo di consapevolezza e riduzione dei consumi energetici.

Tra le misure previste:

  • aumentare il controllo sui consumi energetici grazie a nuovi strumenti e servizi digitali;

  • rafforzare il sistema di cyber sicurezza delle reti energetiche;

  • controllare il consumo energetico del settore delle Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione, implementando un sistema di etichettatura ambientale ed energetica.

Una parte fondamentale di questa crescente domanda arriverà dai data center, che la Commissione punta a rendere climaticamente neutrali entro il 2030. L’Europa conferma, quindi, il suo piano in favore di una transizione energetica che superi gli Accordi di Parigi favorendo il raggiungimento degli obiettivi, al 2050, di net-zero emissions. Operazione, sicuramente, non semplice viste le attuali complessità di approvvigionamento energetico e la reticenza, di alcuni Paesi membri, nel favorire le energie rinnovabili disincentivando i combustibili fossili. Ciononostante, è l’unica opzione possibile. Solo in questo modo sarà possibile costruire un’economia realmente solida, resiliente e sostenibile.