La presentazione dei risultati dell\’Egovernment Report ci da l\’occasione per riflettere sull\’andamento del processo di digitalizzazione della nostra Pubblica Amministrazione. Come è noto il rapporto – curato da Capgemini, dall’istituto di ricerca Rand Europe, dal gruppo di analisi IDC e dal Danish Technological Institute (DTI), per conto dell\’European Commission Directorate General for Information Society and Media – è un benchmark in merito ai servizi pubblici on-line erogati dai principali Paesi europei che ha raggiunto la sua ottava edizione e rappresenta quindi un formidabile strumento di analisi delle politiche nei diversi paesi europei.
I risultati complessivi, descritti in circa 180 pagine, purtroppo non fanno che confermare le tendenze già in atto da diversi anni e da noi più volte commentate[1]: la prima fase dell\’e-government, inteso quale processo di informatizzazione incentrato prevalentemente sulle strutture e sui processi esistenti, è da considerarsi conclusa con diversi risultati raggiunti, molte aspettative tradite e svariati obiettivi mancati (come, per fare un esempio, quello individuato dalla Dichiarazione Ministeriale di Manchester del 24 novembre del 2005 che prevedeva entro l\’anno 2010 la disponibilità on line di tutti gli appalti pubblici dei paesi membri).
Una fase improntata prevalentemente su una logica autoreferenziale e in cui l\’utente, come purtroppo già scrivemmo due anni fa, svolge un ruolo marginale: neanche il 50% dei siti europei analizzati soddisfa i criteri individuati di usabilità, il 54% supera l\’esame di accessibilità e "nemmeno un terzo dei siti web governativi può essere valutato e commentato dall\’utente". Risultati, questi, decisamente migliori di quelli registrati due anni fa ma ancora lontanissimi da quelle che sono anche le più tiepide aspettative di una società della conoscenza per tutti, nessuno escluso.
In un contesto complessivamente deludente l\’Italia non figura essere la prima della classe, tutt\’altro. In merito alla maturità e alla completezza dei venti principali servizi di e-government individuati siamo al 18° posto con un valore inferiore anche alla media dei 31 paesi analizzati. Un dato che peggiora se si prendono in considerazione i servizi con il massimo livello di sofisticazione: diventiamo ventesimi e raggiungiamo la media europea di due anni fa (ben lontana da quella di quest\’anno).
Risultati analoghi li otteniamo rispetto alle altre dimensioni analizzate dove è impossibile trovare l\’Italia ai primi posti delle classifiche stilate. Ma non è questo il punto. Abbiamo detto che il rapporto analizza, con metodo e rigore, una fase che oramai dobbiamo necessariamente considerare esaurita per mancanza di risorse e perché non risponde più alle necessità crescenti delle famiglie e delle imprese. Si tratta allora di guardare avanti e capire come, in un contesto radicalmente cambiato, rendere più efficienti e significativi gli investimenti per la Pubblica Amministrazione digitale. Lo stesso Rapporto indica che "la sfida del futuro sarà modificare la forma mentis delle amministrazioni e cambiare il modello di erogazione dei servizi pubblici, affinché sia in grado di coinvolgere chiaramente il cliente in tutti gli aspetti del processo".
Un cambiamento culturale che anche noi recentemente abbiamo auspicato e di cui in molti altri paesi si intravedono i caratteri distintivi tramite progetti basati sulla centralità dei cittadini e delle imprese e dove l’amministrazione e la società civile sono partner nel processo di creazione di valore pubblico. Dobbiamo recuperare e recuperare in fretta elaborando anche in Italia una visione condivisa di obiettivi e strumenti per completare il processo di digitalizzazione della nostra pubblica amministrazione. Non si tratta semplicemente di scalare le classifiche dei più bravi ma di garantire un futuro per questo paese.

 

(Da forumpa.it)

Di admin