socialfundSono passati ormai dieci giorni da quando, nell’aula consiliare del Comune di Vallo della Lucania, si è tenuto #Socialfund, il convegno di approfondimento sui temi del fundraising e del crowdfunding promosso da Sistema Cilento in collaborazione con R&R consulting e DeRev. La giornata si è articolata in due sessioni: una mattutina dedicata al fundraising per le scuole e per le pubbliche amministrazioni e la politica, una pomeridiana dedicata alle ONP ed ai progetti personali.

Quando si prende parte ad un convegno come #Socialfund, così pieno di spunti di riflessioni e di temi sui quali dibattere, è necessario fermarsi un attimo a riflettere sui contenuti per provare a riassumere poi quello che è stato il meglio di quell’evento. A maggior ragione che #Socialfund è stato anche una tappa del percorso ideato dalla Scuola di fundraising di Roma: Fundraising: un nuovo welfare è possibile?.

A #Socialfund si è provato a dare una risposta a questa domanda analizzando proprio alcune delle componenti principali del sistema di welfare.

Prima di tutto la scuola e quindi il diritto ad una istruzione completa, moderna e fatta in luoghi sani e positivi. Si può fare fundraising nelle scuole? Questa la principale domanda posta a Massimo Coen Cagli (direttore della Scuola di fundraising di Roma) che, nel suo intervento, sottolinea: “è urgente che all’interno delle attività scolastiche vengano introdotti percorsi di educazione al dono e che si spinga i ragazzi a fare fundraising proprio per le stesse strutture scolastiche, poiché questo ha anche un alto valore didattico oltre che una ricaduta economica pratica. Ma attenzione! Il fundraising per le scuole va legato alla produzione di un valore aggiunto e non al mantenimento dell’esistente altrimenti sembrerà solo una sovra-tassa.” . Quando il fundraising è fatto dai ragazzi il suo risultato è certo e questo per due buoni motivi: il primo è che i ragazzi per la loro indole e per la loro età non sono disposti ad accettare mediazioni né rifiuti; il secondo è che i ragazzi hanno ben chiaro il senso ed il valore della community. Tant’è che Roberto Esposito (fondatore e CEO di DeRev) nello spiegare ai ragazzi cos’è il crowdfunding ha sottolineato proprio l’importanza della condivisione di un progetto con la propria community, anche attraverso l’uso dei social network. La condivisione tra l’altro non deve essere pensata solo per realizzazione del progetto ma anche e soprattutto per la sua progettazione.

La mattinata di #Socialfund è poi proseguita col dibattito, moderato da Nello Onorati (presidente di Sistema Cilento) sul fundraising per le pubbliche amministrazioni e la politica. Anche in questo caso Massimo Coen Cagli ha sottolineato l’importanza del fundraising come strumento di partecipazione dal basso per costruire nuovi pezzi di welfare. C’è una trappola però alla quale gli amministratori pubblici, come le istituzioni scolastiche, devono fare attenzione: il welfare di comunità e tutte le buone pratiche ad esso correlate non sono sostitutivi dello Stato. Ci sono servizi per i quali i cittadini pagano le tasse allo Stato Italiano ed è giusto che sia proprio lo Stato a garantire quei servizi.

Questa tesi è stata ben avvalorata dal Professor Marco Musella (direttore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Federico II di Napoli) che ha sottolineato anche la necessità che un buon amministratore parta dall’ascolto dei propri cittadini altrimenti non riuscirà a raggiungere l’ambita meta del bene comune.

Secondo Valeria Romanelli (amministratore di R&R consulting) i sindaci e gli amministratori non dovrebbero avere paura di aprirsi ai cittadini, anzi se si vuole fare fundraising e quindi ottenere anche contributi economici dalle persone è necessario cedere qualche pezzo del potere decisionale a fronte di una partecipazione più wikicratica alla cosa pubblica. È possibile anche per un comune lanciare campagne di crowdfunding, ha spiegato Roberto Esposito, ma, ancora una volta, vale il messaggio che la decisione a monte deve essere partecipata.

Il pomeriggio di #Socialfund, dedicato alle organizzazioni non profit e ai progetti privati, ha avuto un taglio più pratico ponendosi come obiettivo quello di far capire l’importanza del fundraising per la realizzazione di buone cause. Tuttavia tecniche e strumenti di fundraising non valgono a molto se mancano i veri elementi chiave per convincere le persone a sostenere le nostre buone cause: la vision, la mission e la fiducia. Costruire relazioni di fiducia raccontando con chiarezza chi siamo e quali sono i nostri obiettivi è il primo step di una buona raccolta fondi; è questo il principale messaggio emerso dalla relazione di apertura di Valeria Romanelli.

A seguire Maurizio Imparato (Crowdfunding formazione) ha spiegato nel dettaglio come nasce e come si alimenta una campagna di crowdfunding efficace, sottolineando ancora una volta la necessità prima di tutto di avere una vasta rete di contatti ed una community con cui non solo condividere un progetto di raccolta fondi (crowdfunding) ma, prima ancora, da cui attingere idee (crowdsourcing).

Non c’è fundraising né campagne di crowdfunding senza una buona comunicazione. “Se non ti vedono non sei!” è, in fondo, il messaggio più grande che viene dalla vita al tempo di google e dei social network. Michele Dell’Edera (giornalista – esperto di comunicazione) ha raccontato come migliorare la propria visibilità e quella dei propri progetti. Ancora una volta il messaggio principale è: se si ha chiara la vision (altrimenti è molto difficile trovare le parole giuste per comunicarla!) e si è in grado di descrivere la propria mission e dunque di dichiarare la propria identità, allora sarà più semplice pianificare la strategia di comunicazione web e provare a coinvolgere quante più persone soprattutto cercando di sfruttare l’effetto amplificatore che oggi offrono i social network.

Valeria Romanelli

R&R consulting Snc

Di admin