Ricavare biodiesel dalla depurazione delle acque, e come se non bastasse a bilancio zero di CO2. È questo l’obiettivo della sperimentazione della durata di un anno che inizierà in questi giorni fra il Dipartimento di Princìpi e Impianti di Ingegneria Chimica (DIPIC) dell’Università di Padova e la padovana Eco-Management, società del vicentino Gruppo Ethan specializzata in innovazione nel campo della gestione ambientale.

La sperimentazione avrà come protagonista le micro alghe (in particolare la Chlorella Protothecoides) che hanno la caratteristica di contenere un alto contenuto di lipidi, sostanze utilizzabili per la produzione di biodiesel. I vantaggi rispetto alle piante non acquatiche, colza in testa, sono elevati: ad esempio la velocità di crescita delle microalghe rispetto alla piante terrestri può arrivare ad essere dieci volte superiore.

Ma c’è anche un altro aspetto, egualmente importante, da considerare. Per giungere a questi livelli di crescita le microalghe necessitano di nutrirsi con quei composti organici che spesso rappresentano un problema di smaltimento, per esempio nelle acque reflue. In altre parole, per nutrirsi non possono fare a meno di depurare le acque che vengono loro somministrate. Il tutto, per altro, a bilancio zero di CO2.

“Date queste caratteristiche riteniamo che la coltivazione di alghe rappresenti la tipologia di biomasse con le maggiori possibilità di sviluppo” ha dichiarato l’ing. Luca Vecchiato, responsabile ambientale di Eco-Management. “La produzione di biodiesel e la depurazione delle acque reflue rappresentano inoltre solo alcune delle possibilità industriali che le microalghe offrono, accanto alla produzione di principi chimici e nutritivi pregiati. Si tratta quindi di un filone chimico, tecnologico ed industriale sul quale è necessario puntare.”

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