Siamo “giovani ricercatori” italiani, “giovani” secondo i parametri del Ministero dell’Istruzione Italiano. In verità abbiamo trenta, quarant’anni, e nel resto d’Europa i nostri coetanei hanno già un importante ruolo nel mondo accademico. Invece qui in Italia rappresentiamo una nuova categoria di Ricercatori universitari, precari, a Tempo Determinato (introdotti dalle recenti riforme
universitarie).
Siamo quelli che, dopo 3 anni di contratto e dopo anni di precariato rimangono senza prospettive. La ricerca dunque non è più, ma sarebbe, l’obiettivo dei nostri studi in Italia e all’estero, dopo molti anni di precariato negli atenei.
Dopo aver investito tempo ed energie, la ricerca non è il nostro punto di arrivo: il nostro approdo ci è stato tolto, da un giorno all’altro. Una categoria importante di lavoratori, quella dei Ricercatori Universitari, è stata eliminata, sostituendola con due figure precarie in nome di una non meglio specificata “mobilità” e “meritocrazia”.
La recente riforma Universitaria aveva previsto anche una seconda figura di Ricercatore a Tempo Determinato, quello con tenure track, ossia un ricercatore che, dopo un contratto triennale, una volta sottoposto ad una seria valutazione, sarebbe entrato a far parte dell’organico accademico come Professore associato, abbassando l’età dell’avanzamento di carriera, proprio in maggiore accordo con il panorama europeo. Attualmente tuttavia, a due anni dalla riforma universitaria, nel panorama nazionale risultano pochi esempi di figure con tenure track, contro i 2200 ricercatori precari che hanno cominciato a lavorare e insegnare presso gli atenei italiani.
Tutti noi siamo a favore della valutazione meritocratica, della mobilità, in un Paese che però offrisse realmente la possibilità di avere una ricollocazione professionale. Riteniamo importante esser sottoposti a valutazioni scientifiche serie, ma vogliamo anche che siano queste a determinare la possibilità di continuare a svolgere il nostro lavoro e non i feroci tagli ai finanziamenti all’Università insieme alla totale impossibilità di realizzare una realistica programmazione di reclutamento a lungo termine. Ai numerosi pensionamenti non corrispondono nuove assunzioni, disperdendo così un vasto e ricco patrimonio di persone già formate e già inserite nel mondo della Ricerca e impedendo di fatto il ricambio generazionale.
Per questo motivo abbiamo cercato di organizzarci, di discutere, e abbiamo deciso di scrivere al Presidente della Repubblica affinché, come massima autorità del nostro Stato, ci dia la possibilità di esporre a Lui e al resto della società civile la situazione.

Di admin