\"\"“Veni, vidi, vici”. Nicolas Sarkozy si appropria dell’efficace e sintetico messaggio di Cesare e lascia il segno a Bruxelles. Tommaso Padoa Schioppa fa buon viso a cattivo gioco e mastica amaro, nel vedere il presidente francese mettere in pratica teorie e strategie a lungo preparate, che avrebbe voluto lui perseguire, ma che il contesto atipico tutto italiano non gli consente.
 
In maniera irrituale, ma incisiva, Sarkozy si è autoinvitato alla riunione dell’Ecofin e al tavolo dei ministri finanziari dell’Eurogruppo, questa volta, ha fatto sedere direttamente “la Francia”. Non ha elemosinato dilazioni, per le scadenze relative al Patto di stabilità e crescita. Piuttosto, ha rilanciato con decisione. Prospettando che i francesi intendono procedere ad una significativa riduzione delle imposte, per stimolare consumi e investimenti.
 
Di volerlo fare dando il via a riforme “senza precedenti”, il cui disegno sarà presentato a settembre. Di voler ben tener fede all’azzeramento del deficit per il 2010, ma se tali riforme ne rallenteranno il processo, il gioco vale la candela; l’orizzonte del 2012 sarà il più prevedibile. E, mettendo la ciliegina finale sulla torta, si è impegnato a destinare al risanamento l’intero “tesoretto”, che la crescita genererà in termini di gettito fiscale.
 
Melodia per le orecchie di Bruxelles. E’ stato deciso, convincente ed esaustivo. Tanto più, che il suo sistema Paese ne garantisce anche la credibilità. All’Eurogruppo non è restato altro che raccogliere la sfida e concordare sull’analisi. Percorso tutto in salita, invece, per il nostro ministro dell’Economia. Che avrebbe voluto presentarsi con ben altri elaborati, per affrontare gli esami su ben altri argomenti e mirare ad una pagella ben più gratificante.
 
La sua ricetta, la stessa soffiatagli da Sarkozy, tra l’altro avrebbe previsto risultati ben più strutturali, volendo far base su un’efficace riduzione della spesa. Per dare profondità di ricaduta benefica a un processo virtuoso, destinato ad autoalimentarsi nel tempo. Ma l’Italia non è la Francia. Oltre i mondiali, da queste parti, lo spirito di squadra latita. Il sistema dei partiti, gli interessi contrapposti, le forze radicali, la legge elettorale e il frazionamento della rappresentanza, diventano paradossalmente “lacci e zavorra” per la democrazia.
 
Chi pensava che fosse stato un duo ad aver staccato il gruppo, al primo gran premio della montagna ha potuto vedere che un solo uomo è al comando. Dà la linea, impone il ritmo e scarica l’attenzione dei censori sulle anomalie tutte italiane. Riesce anche a permettersi di sponsorizzare l’ennesimo francese (Strass-Khan) alla guida di un organismo economico-finanziario internazionale come il Fondo monetario. Un altro grande amico dell’Italia e dei vertici dell’Ulivo.  Se qualcuno non si decide a venire allo scoperto, ci toccherà pure appoggiarlo.
di Antonio V. Gelormini

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