Due ragazzi, Dublino, il mare è il brutto titolo italiano di uno splendido romanzo: l’originale At Swim, Two Boys riecheggia quell’At-Swim-two-birds, che è forse l’esito più geniale della fantasia comica di Flann O’Brien; un atto di riconoscenza, più che un banale ossequio, a un irlandese alieno da ogni retorica patriottarda. Perché la patria è qualcosa di cui si può avere orrore, come delle tremende parole che genera: revanscismo, nazionalismo, irredentismo, e tutti gli ismi cari a chi ha bisogno di nemici per affermare la propria identità. Jamie O’Neill immerge il suo racconto in uno dei momenti più tragici della storia irlandese: l’Easter Rising del 1916, l’insurrezione degli Irish Volunteers, capeggiati da Patrick Pearse, che sfociò in una “domenica di sangue”. Ma il romanzo non è il resoconto letterario dei fatti: è la storia di una presa di coscienza, di uomini che aderiscono alle idee per cui si muore, perché queste coincidono con il desiderio di vivere e di amare, e non perché qualcuno gliele abbia soffiate nel cuore come un dogma. Dice O’Neill: «La Pasqua del 1916 rappresenta la nascita dell’Irlanda moderna, una nascita provocata, in modo molto irlandese, dal trionfo del fallimento». (…) Una sera mi fermai sotto le mura davanti alle quali Pearse fu giustiziato, e mi chiesi se l’amore per l’Irlanda, per cui egli diede la vita, fosse così diverso dall’amore per un Irlandese». Il libro racconta l’amicizia tra due adolescenti, per i quali la solidarietà maschile, la fede nell’identità nazionale e l’eros si fonderanno, restituendogli il senso della propria avventura nel mondo. È facile liquidare il romanzo come la cronaca di un amore omosessuale tessuta sullo sfondo della storia: l’operazione di O’Neill, invece, è più complessa e ambiziosa – ammesso che le intenzioni di un autore contino più dei risultati –, perché mossa dal bisogno di chiarezza di un irlandese sradicato: la ricerca di un’identità non solo individuale; il chiedersi se sia possibile, per uno scrittore che maneggia l’ironia come un segno di intelligente disonore, appartenere davvero a una nazione. «A Londra, quando mi chiedevano se fossi irlandese, spesso rispondevo: – No, sono gay», dice O’Neill, ammettendo, nel divertimento del paradosso, di essersi riconciliato dopo molto tempo con la propria “irlandesità”. La storia di Jim e Doyler non è solo un controcanto lirico e comico all’entusiasmo di quelli che O’Brien chiamava ironicamente “Gaeligores”, ovvero i fanatici del revanscismo gaelico contro il dominio britannico; o una sottolineatura della viscidità di certo clero cattolico (basti pensare alle pagine in cui Jim cerca di confessare al prete un’avventura omosessuale; o a quelle in cui sono descritti gli approcci di un frate con il ragazzo): è il racconto di un legame in cui l’amore tra due uomini finisce per coincidere con l’amore di patria, poiché questa non è un’idea astratta, ma un corpo, un grumo che palpita di sensi e di pensieri. Il nuoto, il sesso e la guerra sono la misura di un’esperienza estrema, lo sbocco inevitabile della rincorsa verso la pienezza della vita. Perciò, il patto che i due protagonisti stringono prima di affrontare la prova che li farà uomini (l’appuntamento dato alla morte) ha i tratti di un’iniziazione: traversare a nuoto il lembo di mare che separa Dublino da un isolotto, bruciare nella tensione dei muscoli lo spasmo vitale, sentire la vicinanza dell’amico nel ritmo dei respiri, sapendo che la giovinezza è “perenne amare i sensi e non pentirsi”. L’io dell’autore si frammenta nei tanti personaggi in gioco nella trama; anche nei caratteri marginali, dominando con simpatia ogni movimento dell’esistenza, controllando il racconto con un linguaggio “tattile” e denso di colori, toccando ogni tono dello stile: il lirico e il comico; la brutale innocenza realistica (l’eros evocato con la verità dei gesti e degli odori) e l’elegia del disincanto; ciò che caratterizza la figura di MacMurrough, intellettualoide in apparenza cinico e disilluso, sempre sulla “soglia dell’età virile”, il quale avrà un ruolo centrale nelle scelte dei due ragazzi. Dice MacMurrough, in uno dei dialoghi con i personaggi immaginari, che ne popolano i lucidi deliri – un suo defunto amante del periodo londinese, o il suo sesso dotato di parola – : «Lo sai? Se l’Irlanda fosse un ragazzo, invece che una vecchia vacca male in arnese, mi darei a corpo morto per l’Irlanda”. Una boutade, in superficie; in realtà il seme del romanzo; il nodo esistenziale che i protagonisti scioglieranno, dando l’assalto al cielo nella sanguinosa Pasqua del 1916.

di Canio Mancuso
Jamie O’Neill,
Due ragazzi, Dublino, il mare,
Rizzoli, Milano 2003,
pp.644, € 19,00.
 

Di admin