“Con grande amarezza ho letto questa (ieri ndr) mattina l’articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore che riservando all’Università di Foggia il privilegio di un titolo in prima pagina la assume quasi come esempio negativo, come ‘paradosso’. Pur comprendendo le regole del giornalismo, l’efficacia di un titolo, la semplificazione, mi aspetterei, dai media, una maggiore volontà di penetrare nei problemi,
di analizzarli e comprenderli in tutta la loro complessità, prendendo in considerazione tutte le voci, anche quelle delle università meridionali, verso le quali è evidente un certo pregiudizio.
Effettivamente l’Università di Foggia ha il peggiore rapporto tra spese per il personale ed entrate, pari all’89,16%. È, purtroppo, il risultato atteso, quasi ovvio, del meccanismo introdotto dal Dlgs 49/2012: l’ho denunciato, inascoltato, da tempo in ogni sede, sui media e in Crui.
Per comprendere come si viene a determinare questo rapporto, invito a considerare entrambi i fattori, le entrate e le spese. Per le uscite si calcolano gli stipendi del personale che sono uguali in tutta Italia, mentre da quanto riportato sulla stampa il lettore meno informato potrebbe essere indotto a dedurre che a Foggia si paghino stipendi più alti!  Mi preme sottolineare che il numero dei nostri docenti in rapporto al numero degli studenti non è affatto alto, anzi è ancora squilibrato. Se si considera il dato delle spese di personale dell’Università di Foggia (€ 39.502.872), si può constatare che è molto più basso di quello di altre università con analogo numero di studenti.
È sul fronte delle entrate che si nasconde il ‘trucco’. L’Università di Foggia è stata tra le più penalizzate il questi ultimi anni nei tagli del Fondo di Funzionamento Ordinario, passando da uno stanziamento di circa 39 milioni del 2009 a 34,9 del 2012, pari al 10% in meno. Ma se si guarda a come viene distribuito il FFO si scopre una assurdità che nessun giornale denuncia, e cioè una sperequatissima assegnazione del finanziamento pubblico in rapporto al numero degli studenti, quasi che ci siano cittadini-studenti di serie A, B, C. Nel 2012 si è registrata un’oscillazione tra un massimo di € 6.050 per studente ad un minimo di € 2.065; l’Ateneo di Foggia si pone nella parte bassa della lista con € 3.523 per studente. Se il FFO fosse ripartito, come sarebbe equo, assegnando ad ogni studente il valore medio standard di € 4.218, le Università del Sud e delle isole riceverebbero oltre 200 milioni di euro in più, e la sola Università di Foggia oltre 7 milioni all’anno.
Perché si utilizza il punto organico, cioè il costo standard nazionale per docente, ma ci si guarda bene dall’introdurre il costo standard per studente, pure previsto dallo stesso decreto legislativo 49/12?
Al finanziamento statale nel calcolo delle entrate si aggiungono le tasse studentesche, che, com’è noto sono molto variabili da realtà a realtà. Basti pensare che la media italiana (dati 2009) è di € 982, ma al Nord è di oltre € 1.350, al Centro di circa € 1.000 e al Sud è di € 650, e nella mia Università – pur avendo negli scorsi anni quasi raddoppiato le entrate dalle tasse – è di soli € 373, tra le più basse d’Italia, in considerazione del difficile contesto socio-economico (Il Sole 24 Ore harecentemente certificato che la provincia di Foggia ha il PIL più basso d’Italia). Eppure una legge dello Stato fissa al 20% il limite massimo per le entrate dalle tasse studentesche in rapporto al FFO: legge ampiamente violata in questi anni, senza alcuna sanzione, anzi premiando quelle Università che l’hanno disattesa. Bisogna, inoltre, considerare l’alto numero di studenti del tutto esonerati – e, sottolineo, giustamente – perché appartenenti a famiglie con basso reddito: a questi studenti esonerati – e a Foggia sono circa 2.000! –, che dunque non pagano un solo euro di tasse,
l’Università deve ovviamente garantire gli stessi servizi, senza ricevere né da loro né dallo Stato alcun contributo: eppure un DPCM del 2001, mai applicato, prevede un risarcimento statale per questi mancati introiti.
Con il nuovo sistema questa sperequazione viene legittimata: pertanto le Università più finanziate e con una tassazione più alta hanno un migliore rapporto tra entrate e spese per il personale e sono considerate ‘virtuose’, mentre le Università, come quella di Foggia, che hanno subito maggiori tagli del finanziamento statale e con tasse studentesche basse, sono condannate definitivamente. È evidente che il Governo voglia costringere le Università ad un aumento generalizzato delle tasse, proseguendo in una politica di progressivo disimpegno pubblico.
Mi preme sottolineare altresì che il bilancio dell’Università di Foggia è sano, in pareggio, non abbiamo debiti e disavanzi. Perché non si analizzano allora i bilanci? Perché non si chiedono alle Università bilanci certificati? Un documento del dott. Enrico Bondi, che ha avuto limitatissima circolazione (solo Milano Finanza ne ha parlato), ha certificato che l’Università di Foggia è la più rigorosa d’Italia nella gestione dei fondi, non prevedendo, di fatto, ulteriori possibili tagli: da noi il rigore dei conti e la spending review sono realtà da anni, prima ancora che fosse introdotta dalGoverno Monti.
Rinnovo l’invito a visitare l’Università di Foggia, a conoscere la nostra realtà. E forse, per una volta la stampa potrà dedicarci articoli più rispettosi degli sforzi che si stanno compiendo e degli straordinari risultati che si stanno conseguendo nella formazione, nella ricerca, nell’internazionalizzazione, nel trasferimento tecnologico, ma anche nel rigore etico, nella trasparenza, nell’affermazione della legalità in un territorio non facile come la Capitanata.”
prof. Giuliano Volpe

il Rettore dell’Università di Foggia replica all’articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore dal titolo:
“Il freno alle assunzioni premia le università con i conti in disordine”

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