Sì è vero, un tempo dicevi Puglia e pensavi Gargano. Oggi, dici Puglia ed inevitabilmente pensi innanzitutto al Salento. Una dicotomia territoriale che se riuscisse a triangolare anche con la Murgia e la sua declinazione più affascinante, rappresentata dalla Valle d’Itria, potrebbe innescare un irresistibile processo virtuoso, per una fidelizzazione perdurante dell’intera destinazione Puglia.

I dati della stagione, che volge al termine, restano confortanti e confermano la controtendenza virtuosa  del Tacco d’Italia, che mantiene salda la sua posizione al centro dei desiderata di segmenti di mercato sempre più larghi. Una stagione che ha visto ulteriormente ridotto l’intervallo tra i tempi di prenotazione della vacanza e quelli della sua fruizione. Che ha visto crescere l’utilizzo del web sia nei processi decisionali che nelle modalità di conferma della stessa. E che ha registrato vento in poppa al Salento e brezze favorevoli per il Gargano.

Indici interessanti, all’analisi dell’Assessore al Turismo Silvia Godelli, anche sulla diversificazione dei flussi di provenienza, che riducono l’influenza di quelli di prossimità ed allargano, invece, il fronte di quelli nazionali. In particolare da Centro e Nord Italia. Mentre continua a far fatica il recupero dei segmenti storici europei, poco bilanciati dalla conquista di nuove linee di mercati internazionali.

Vincenti sono risultati l’incremento e la consistenza degli approdi crocieristici, che ormai vivono la costa pugliese come tappa nevralgica del loro ricco dedalo di rotte. Vincente la politica aggressiva, per rendere i prezzi più accessibili, del Salento che sfrutta il fenomeno masserie e l’evento “Taranta”, riuscendo a combinarli col turismo balneare. E, decisamente favorito dalla vicinanza degli aeroporti di Bari e Brindisi, attrae meglio buona parte dei labili flussi internazionali verso la Puglia. Infine, vincente la vocazione naturalistica del Gargano. Un potenziale ricettivo ragguardevole, che puntando su paesaggio, genuinità dei prodotti alimentari locali, riqualificazione dell’offerta turistica in generale e attenzione ai brulicanti sentieri del turismo devozionale, contribuisce a rendere più solida e più duratura la performance globale della stessa Puglia.

Nel quadro di un tale spartito suona stonata, cacofonica e fuori tempo, la nota autonomista di quanti provano a rivendicare un’improbabile indipendenza regionale salentina. A dire il vero i dibattiti sui separatismi, le autonomie, le annessioni o i secessionismi, più o meno di casa nostra, fortunatamente appassionano poco o niente affatto. Dovrebbe essere cosa assodata che il riscatto del Sud non può che passare attraverso la riqualificazione delle sue soggettività. Quali tonalità di una stessa tela. Sonorità dello stesso motivo. Organi dello stesso corpo, esso stesso funzionale ad un organismo ancora più grande. Declinazioni della stessa bellezza.

Il Sud o meglio il Meridione, come ci invita a definirlo con lungimiranza programmatica il presidente Vendola, ha bisogno di consapevolezza dei suoi ambiti territoriali, da promuovere per macro aree e non per quartieri parrocchiali. Le strade del latte, tracciate nel tempo dagli esodi stagionali della transumanza, sono la rete connettiva appenninica che tiene insieme Abruzzo, Molise e Puglia. I filari di viti che si intrecciano tra le cruste e i dorsali delle loro colline, danno vita ad ambasciatori autoctoni senza feluca, con blasoni e credenziali altisonanti come: Montepulciano, Nero di Troia, Primitivo e Negroamaro.
Parchi, castelli, cattedrali e santuari, con masserie, frantoi, mulini, grotte, trulli e gravine costituiscono la potenza di fuoco di un entroterra, che può fare la fortuna di un’offerta balneare senza eguali. Se solo l’azione alternata delle due punte di Puglia, godesse della regia illuminante e concertante di un sentire comune diffuso e condiviso. Se solo non ci si azzuffasse sugli apprezzabili, ma migliorabili, indici dei turisti in arrivo. E anziché disperdersi in aride promozioni di campanile, ci si organizzasse per imparare a vendere e rendere più appetibile, ai mercati dei flussi più consistenti, non solo la costa familiare a ciascuno di noi, ma anche quella dei vicini. E magari l’intera costa adriatica meridionale, insieme alla meno conosciuta costiera ionica.

Zone umide, dimore storiche, riti e tradizioni, sapori perduti o solo dimenticati. La Puglia ha un incommensurabile gioco di sponda da sviluppare. Una carica di fascino che solo la passione locale può far vivere. Ma prima ancora che venduta o sognata, la Puglia ha bisogno di essere amata. Uno dei modi è imparare a comunicarla meglio. Imparare a proporla non solo attraverso i riflessi del mare o i riverberi della sua pietra, ma anche con la luce catturata nelle tele di De Nittis a Palazzo della Marra a Barletta; negli scorci mediterranei moderni dell’arte di Pino Pascali; o nei preziosi bagliori degli Ori del MarTa a Taranto.

Facciamo in modo che la Puglia, come nell’esortazione di Pina Belli d’Elia, un’innamorata consapevole di questo territorio: “Torni ad essere una regione per gente dal palato fino”. Se lo merita davvero. Ma, soprattutto, se lo merita in tutto il suo perimetro. Insieme a tutti quanti noi.

di Antonio V. Gelormini

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