C’è un’altra Campania al di là dei cumuli di “monnezza” di Napoli e dintorni. E’ una Campania silenziosa e dignitosa, laboriosa e fantasiosa. Che non ama il lamento apatico della sirena più bella del golfo e che non si rassegna alla “croce e delizia” dell’ammaliante prossimità al capoluogo partenopeo.
E’ una Campania discreta ed elegante, quasi una piccola Svizzera. Che invita al sorriso con i colori dei suoi limoni e delle sue arance, e nel contempo rende invisibile ogni cassonetto.  Che sfida il turista a trovare per terra il classico pezzetto di carta e presenta, con orgoglio, i suoi scorci mozzafiato e i suoi intramontabili e romantici paesaggi.
E’ la Campania di Sorrento, Amalfi, Positano, Capri, Ravello, Maiori, Minori e Vietri. Quella che guarda il Vesuvio da un’altra prospettiva. Che ne subisce il fascino e il persistente timore di una indomata minaccia e, forse proprio per questo, preferisce rimanerne con rispetto a debita distanza. Quella adatta all’inquadratura più suggestiva, quella giusta per coglierne al meglio le molteplici “sfumature”.
Una Campania che, come la Torre Normanna a Maiori o il Faro di Sorrento resistono ai tempestosi flutti di una ciclopica risacca, per garantire una raffinata proposta gastronomica all’insegna della genuinità, della freschezza e dei sapori talvolta perduti.
Un grappolo di bellezze, la cui visita meriterebbe ben altre carrozze che quelle fatiscenti ma funzionali della Circumvesuviana. Una miscellanea di tradizioni, riti, tentazioni, espiazioni, creatività, maestria, sonorità ed emozioni di ogni sorta, che rapiscono il turista andando oltre le aspettative, sorprendendolo ad ogni angolo e conquistandolo ad ogni occasione con apprezzata cortesia e tipica simpatia.
Uno scrigno di tesori a partire da quella Villa Crawford, che si staglia sulla costiera sorrentina, come la vittoria alata prorompente dalla prua di antichi velieri. Un patrimonio, tra tanti, da preservare e riqualificare. Una signora dell’accoglienza, a cui le cure amorevoli e dolci di sette sorelle salesiane, col tempo, potrebbero rivelarsi non più sufficienti.
Ecco, il riscatto della Campania potrebbe cominciare da qui. Da un giardino di fronte al mare, dove si specchia il cratere del vulcano. Dove, tra arance e limoni, l’operosità tipica delle formiche continua ad essere la migliore risposta al lamento accidioso delle cicale. Dove la tenacia e la forza della passione, con l’ausilio dello spirito e dell’amore per il bello, possono rivelarsi determinanti per la speranza di una rinascita comune.
Altro che pizza, mozzarella e pomodori. Altro che la furbizia di Pulcinella. Solo la forza di spirito e la fiducia in se stessi, tradotti in un sano “darsi da fare”, potranno essere i veri ambasciatori nel mondo di una Campania rigenerata, capace di scrollarsi di dosso ogni cenere decadente.
 
di Antonio V. Gelormini

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