agricoltura20Puntare su colture ad alta redditività, anche di nicchia. Sfruttare le nuove tecnologie e preparandosi a una gestione economica attenta, curando in particolar modo il rapporto con le banche. Creare un forte accordo fra agricoltori, università e istituti di credito e sviluppare reti di imprese. Da questi punti chiave può uscire una ricetta per rilanciare l’agricoltura del Friuli Venezia Giulia e dell’Italia, un settore che ha prospettive interessanti ma che presenta molti aspetti da migliorare. Di questo si è parlato durante il primo incontro della sesta edizione di “Economia sotto l’ombrellone”, ieri all’Hotel President di Lignano Sabbiadoro, incentrato sul tema “La nuova agricoltura fra evoluzione e difficoltà di finanziamento”. Fra i relatori Carlo Antonio Feruglio, consigliere della Federazione delle Bcc del Friuli Venezia Giulia, il professor Alessandro Peressotti del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università di Udine e l’imprenditore Marco Tam, presidente di Greenway Group.
«Il sistema delle Bcc del Friuli Venezia Giulia dal 2010 al 2015, nonostante la crisi, ha aumentato i suoi impieghi a favore di aziende del settore agricolo di 54 milioni di euro passando da 336 a 390 milioni di euro (+26,5%), con un aumento di circa il 4-5% all’anno». Lo ha spiegato Carlo Antonio Feruglio, che è anche presidente della Bcc di Staranzano e  Villesse, nonché titolare di una grande azienda agricola. «La crescita degli impieghi –ha detto ancora Feruglio– dimostra che l’agricoltura è un settore con prospettive interessanti e al quale le banche guardano con attenzione anche per il basso livello di sofferenze (5,2%). Quello che conta, però – ha concluso – è che le aziende sappiano presentarsi alle banche con idee innovative, business plan ben fatti e bilanci ben scritti perché oggi non si possono più concedere finanziamenti al mondo agricolo contando sul fatto che ha forti capitali (i terreni), ma bisogna che chi chiede credito abbia progetti validi e possibilità di generare reddito».
Sui cambiamenti in atto nel mondo agricolo si è incentrato l’intervento del professor Peressotti «Oggi il 90% circa delle aziende agricole del Fvg ragionano con logiche “industriali” e cercano quindi la strada per ottimizzare il reddito, l’8% sono, invece, aziende di piccole dimensioni che puntano sul bio e sulla sostenibilità, vendono direttamente i propri prodotti e hanno l’interesse non solo a produrre, ma a riappropriarsi del territorio. Il 2%, infine, pratica un nuovo tipo di agricoltura, ancora poco conosciuto, che si sta sviluppando nelle città grazie agli orti urbani o alle coltivazioni sui terrazzi che è fatta da persone che desiderano produrre quello che consumano. Certamente – ha continuato Peressotti – se guardiamo alle aziende agricole tradizionali in rapporto al credito è uno dei problemi. Oggi, comunque – ha aggiunto – tutti coloro che frequentano i corsi di agraria all’Università imparano anche gestire correttamente la finanza aziendale e, quindi, i nuovi imprenditori agricoli sanno perfettamente cosa vuol dire presentare un business plan o un bilancio». Un ulteriore problema del mondo agricolo segnalato da Peressotti è la scarsa propensione degli studenti di agraria a fare l’imprenditore: «Una bassa percentuale degli studenti dei corsi di agraria – ha sostenuto il professore del Disa di Udine –aspira a diventare imprenditore agricolo in prima persona, meno rispetto ad altri Paesi come Usa, Gran Bretagna e Germania. La gran parte punta a un lavoro dipendente. Va anche detto – ha concluso – che non di rado i ragazzi che si formano nelle nostre università finiscono per andare all’estero perché trovano condizioni di lavoro più interessanti e remunerative».
Marco Tam, titolare del gruppo Greenway  che possiede due impianti di produzione di Biogas a Bertiolo e San Daniele del Friuli, nonché titolare di un’azienda agricola estensiva, ha sottolineato i grandi cambiamenti tecnologici in atto nell’agricoltura, nonché gli aspetti positivi e negativi dell’agricoltura a Nord Est e in Italia in genere: «Droni che sorvegliano le colture, controllo dei campi da remoto, macchine robot che potranno sostituire almeno in parte i trattori a guida umana e molte altre novità – ha spiegato –aiuteranno sia l’agricoltura tradizionale ed estensiva, sia quella di nicchia sia quella biologica, consentendo anche all’agricoltura di diventare più sostenibile. Diminuisce e diventa molto più preciso l’uso sia dei concimi, sia dei mezzi naturali di contrasto alle malattie e ai parassiti delle piante. L’università dovrà formare figure adatte a gestire questi cambiamenti. Fondamentale inoltre – ha aggiunto poi Tam – una conduzione economicamente sensata delle aziende, che richiede investimenti significativi e una gestione finanziaria, produttiva e commerciale molto attenta». Purtroppo in Friuli la mentalità favorevole a una gestione imprenditoriale dell’aziende agricole è ancora poco diffusa: «Basti dire – ha aggiunto Tam – che alla più tradizionale delle colture estensive, quella del mais, in regione sono dedicati circa 50mila ettari (erano 80mila 5 anni fa) suddivisi fra circa 2000 aziende, con circa 2000 occupati, mentre nel midwest statunitense una superfice analoga è divisa fra circa 50 aziende con 250 occupati. È evidente – ha concluso – che in queste condizioni le colture estensive in Friuli Venezia Giulia, e in Italia in genere, non hanno molto futuro. Noi invece dobbiamo sfruttare la nostra elasticità, le nostre capacità, un forte accordo fra agricoltori, università e istituti di credito per indirizzare le nostre produzioni verso settori agricoli, anche di nicchia, ma ad alta redditività che ci consentano di essere competitivi grazie alla qualità del nostro lavoro. Dovremo sviluppare le reti di impresa per poter aumentare la massa critica delle nostre aziende. Non possiamo competere sulla quantità e sul prezzo perché in questo campo saremmo sempre perdenti rispetto a Paesi che hanno estensioni agricole enormemente superiori alle nostre».